Slint e il Louisville-core 1981-2000
Director's Cut #39 (luglio 2025) • 148 pagine b/n • 15,00 euro
Non del tutto identificabili con lo slow-core né realmente imparentabili al post-rock, gli Slint di Louisville hanno influenzato più di chiunque altro l'evoluzione del rock indipendente americano degli anni '90. Gli sono bastati due album, usciti nell'indifferenza generale e seguiti da un silenzio quasi tombale, oltre che da una serie di fraintendimenti su una vicenda che oggi possiamo finalmente rischiarare. Allargando il focus a una città che per il rock era sempre stata periferica, ma ha partorito una serie di band (Squirrel Bait, Gastr del Sol, June of 44 e molte altre) che non sono nate lì per caso.
► Federico Savini, classe 1977, vive da sempre a Russi, centro della Romagna conosciuta. Laureato in filosofia della scienza e per anni fiero lavoratore dell'industria saccarifera, è appassionato di mondi preteriti (ma non è con questo che paga le bollette). Nel 2004 ha co-fondato il podcast Radio NK, il più antico e meno chiacchierato d'Italia. Imbratta le pagine di Blow Up dal 2005, divagando su facezie che non interessano agli altri. Quando ascolta la musica country piange un po'.
[di seguito dall'Introduzione:]
Le rughe della gioventù
Non ci sono motivi specifici e particolari per dedicare un libro agli Slint nel 2025. Se ci limitiamo agli appigli forniti dalla discografia, qualche mese fa è uscita la versione approvata dal bassista Ethan Buckler dell’esordio “Tweez”, ma francamente aggiunge poco a quel che già si sapeva e ha fatto versare ben poco inchiostro alla critica di settore, facendosi bellamente ignorare da un pubblico che sta ormai totalmente altrove. Potremmo attaccarci anche al fatto che sono passati poco più di 10 anni dalla corposa ristampa di “Spiderland”, il capolavoro degli Slint, che si accompagnò al documentario “Breadcrumb Trail” di Lance Bangs, a pochi anni dal libro sulla band di Scott Tennent; entrambi ovviamente saccheggiati per scrivere il volume che avete in mano. Ma anche questi, come ‘appigli’, reggono fino a un certo punto.
La verità è che non ci sono motivi specifici e particolari per dedicare un libro agli Slint nel 2025, ma ce ne sono di generali, oserei dire sistemici. Quello della band di Louisville è forse l’ultimo grande mistero della storia del rock. E lo è a distanza di quasi 40 anni dalla loro nascita, di un trentennio da quando la loro influenza sotterranea per la musica indipendente ha cominciato a venire riconosciuta, e appunto a 10 anni dalle più approfondite indagini sul gruppo che siano mai state fatte. E che, però, tanti misteri li lasciano intatti. È questa oggi “la notizia”.
Pensateci: di quali altre band così importanti continuiamo a saperne così poco?
Il mondo della musica ‘giovanile’ è stato per tanti anni uno scrigno di misteri; grossomodo fino a quando i social network e la monetizzabilità non si sono impadroniti della rete, che nella sua fase 1.0 era stata eccome un propulsore di storie strane, intrecci fra realtà indipendenti, narrazioni sotterranee, anonimato diffuso e piccoli grandi segreti, molti dei quali riguardavano musiche e musicisti. Sembra la Preistoria, ma basterebbe tornare indietro di una quindicina d’anni e farsi un giro in rete per vedere la differenza. I musicomani oggi abitano un mondo nel quale ormai anche di un Jandek sappiamo tutto. Senza contare che assistiamo quotidianamente allo spettacolo - più noioso che deprimente - dei vecchi rocker ‘normalizzati’, dei quali trattenevamo bene che andasse il ricordo della presenza scenica brutale o austera a seconda del caso (se li avevamo visti dal vivo), quando non ci facevamo proprio bastare le fantasie scaturite dall’aver sbirciato un retro-copertina o semplicemente immaginato una faccia dall’ascolto reiterato e ossessivo di un cd-r masterizzato, perché l’originale non ce lo potevamo permettere o ci metteva mesi ad arrivare dall’America. Ma qui non si tratta di rivangare i bei tempi della gioventù o, peggio, alimentare obsolete narrazioni sul ‘maledettismo’ e sul ‘pauperismo’ della musica rock che fu; si tratta banalmente di ammettere che vedere ogni giorno su YouTube gli eroi del nostro pantheon giovanile rabboniti e sorridenti a raccontarci i loro dischi del cuore, oppure a suonicchiare in format live preconfezionati per quelli che hanno trent’anni in meno di loro, beh, c’è poco da fare, non ci restituisce gli stessi fremiti emotivi che scaturivano dall’averne poche, o nessuna, di informazioni su di loro. Per quanto laici si possa essere, è proprio la natura umana che carica il ‘mistero’ di un surplus di interesse, fino a lambire l’ossessione. [...]
Prezzo: 15 €