20 ESSENTIALS: Punk 1978-1979
20 ESSENTIALS: Punk 1978-1979
di Federico Guglielmi con Stefano I. Bianchi, Massimiliano Busti e Fabio Polvani

[nella foto: i Germs]

Mentre sulle date di nascita e “crescita” del punk - quello propriamente detto: il “proto”, come ampiamente illustrato in BU#206/207, è un’altra faccenda - l’intesa è pressoché assoluta, grande è la confusione sotto il sole a proposito della sua morte. C’è chi, come Mark Perry - leader degli Alternative TV, nonché “teorico” del movimento attraverso la sua fanzine “Sniffin Glue” - la colloca al 25 gennaio del 1977, ovvero al giorno in cui i Clash firmarono un contratto con la major CBS: tesi “un tantino” radicale ma non proprio priva di logica, dato che i motivi ricorrenti del fenomeno, dalle massime “do it yourself” e “anyone can do it” agli atteggiamenti di insofferenza nei confronti del “sistema”, mal si conciliavano con ciò che all’epoca parve a molti una resa incondizionata al music business, un vendersi al nemico con il quale in teoria si era in guerra. Ci sta, dunque, ma è innegabile che gli ideali (o i non-ideali) sviluppatisi sottotraccia già nella prima metà dei ’70, ed emersi in misura maggiore o minore nel 1976 con gli esordi su vinile di capiscuola come Ramones, Richard Hell, Damned, Saints, Radio Birdman, Sex Pistols e Crime, siano rimasti vivissimi per l’intero ‘77; lo spirito continuava, magari con in più un pizzico di malizia commerciale accesa dall’accresciuto interesse di media e appassionati, come dimostrato dalla messe di uscite discografiche per etichette grandi, piccole e autogestite, dall’apertura di nuovi club e di un’infinità di rivistine underground, soprattutto dall’espansione di centinaia di scene locali un po’ in tutte le regioni del globo dove il rock aveva un ruolo di peso nella cultura giovanile. Probabile che alle parole di Perry sia stato attribuito un senso troppo estensivo e che l’intento del musicista/filosofo inglese fosse semplicemente quello di denunciare la perdita dell’originaria innocenza, con tutte le ineludibili conseguenze in termini di mercificazione e indebolimento dello slancio ribelle contro lo status quo. Indipendentemente dal pensiero di Mark Perry, non ci sono comunque dubbi sul fatto che in tanti non hanno smesso di credere nel punk, o quantomeno in parte del suo messaggio, addirittura fino a oggi. È però allo stesso modo evidente che a un certo punto - punto che si può fissare alla fine del ‘77, anche se la linea di demarcazione è naturalmente meno netta - il punk divenne qualcosa di diverso da ciò che era stato nella fase iniziale, dominata dall’istinto, dalla frenesia e dall’ingenuità. […]

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