20 ESSENTIALS: Slowcore 1988-2000
20 ESSENTIALS: Slowcore 1988-2000
di Alessio Budetta con Stefano I. Bianchi e Fabio Polvani

[nella foto: Codeine 1990]

Da un battito all’altro, da un “tum” a un “pam”, a quanto ammonta l’attesa prima che un accento isolato possa tenere in vita l’aspettativa di un altro impulso, di un altro evento acustico capace di interromperne l’attesa stessa? più semplicemente, a che velocità il ritmo inizia ad essere percepito come tale? di sicuro è a certe ridottissime frequenze che il ritmo pare trasfigurarsi in qualcosa d’altro, prendendo le sembianze di un antidoto contro il nulla. Per esempio, il battito del cuore: immaginatelo e rallentatelo come se dopo l’ultima pulsazione non dovesse essercene un’altra. E invece, quando meno te l’aspetti, “pum”. Che cosa rappresenta questo battito ormai insperato, sorpresa? ritmo? vita?
Non servono metronomi né orologi. Il rallentamento oltranzista è un fatto non solo intimo, ma sovversivo. Un manifesto per ogni disadattato in un mondo che accelera fino alla nausea, in una realtà incapace di moderare la propria velocità ma proprio per questo ineluttabilmente statica, caoticamente immobile. La mente fa strani scherzi e corre al buon Celentano, alla prima puntata di Rockpolitik del 2006 - sembra un secolo fa’ - quando il nostro ci spiegava secondo una logica un “pochino” sua che cosa è rock e che cosa è lento. Beh, con le musiche qui trattate si sarebbe trovato in difficoltà: che dire di un genere che si finge lentissimo per risultare ancora più smaccatamente e spudoratamente rock? lo Slowcore, prima ancora che rock o lento, è stato infatti rivoluzionario. […]

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