20 ESSENTIALS: Trip Hop pt.2
20 ESSENTIALS: Trip Hop pt.2
di Luca Galli con Guido Gambacorta e Christian Zingales

[nell'immagine: Dj Shadow 1996, foto di Gie Knaeps]

NELLA MUSICA ritmica degli ultimi 35 anni, il numero dei generi che possono contare su una massiccia suddivisione tra produzione cantata e strumentale sono minimi. A essere riduzionisti, indicheremmo solo house/garage e trip hop con il relativo apparato radicale di contaminazioni e sviluppi. Per il trip hop, inoltre, la situazione è anche più articolata. Il termine, accolto con parecchio sfavore da quasi tutti gli artisti coinvolti, viene indicato dal giornalista di Mixmag Andy Pemberton tra il 1993 e il 1994 per sottolineare il suono di alcune produzioni strumentali della Mo’Wax, con particolare riferimento a Dj Shadow e RPM. Solo in un secondo momento viene retrodatato fino a inglobare gli esordi dei Massive Attack e ad essere un contenitore unico. Perché i Massive Attack, Tricky, Portishead sono stati “classificati” come trip hop? Perché hanno tutta una serie di tratti sonori e culturali – uso del campionamento, elementi hip hop, jazz, blues, funk, soul, rare grooves, cultura del giradischi, elementi di suono giamaicano, modo di produzione, atmosfere e andamenti – che li collocano perfettamente nel contesto. Per i Portishead andrebbe aperta una notevole indagine ulteriore, per estremi, è evidente che la provenienza da Bristol e la loro peculiarità produttiva e sonora li abbia trascinati all’interno del genere. Come dimentica la dichiarazione del gruppo: “Dummy wasn’t a chillout album. Portishead had more in common with Nirvana”. […]

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