Arto Lindsay
Arto Lindsay
di Luca Collepiccolo

SI INIZIA facendo un rapido accenno al Flamengo, fresco finalista del campionato carioca (nonostante avesse mezza squadra fuori, ci tiene a precisare Arto), per poi passare agli scontri diretti in Champions – ancora una volta Arto dimostra grande conoscenza della materia esaltando Pastore e mostrandosi scoraggiato di fronte al connazionale David Luiz (match in oggetto: Paris SG vs Chelsea) – e agli ipotetici sviluppi dell’imminente coppa del mondo in Brasile, luogo dove Arto è tornato a vivere in pianta stabile da 10 anni a questa parte dopo aver abbandonato la sua seconda patria, gli Stati Uniti. Nato a Richmond, Virginia, nel 1953, il nostro ha trascorso buona parte della sua infanzia e adolescenza proprio in Sudamerica, a seguito dei genitori, missionari presbiteriani. I modi affabili dell’uomo sembrano oggi così distanti dall’attacco frontale che fece dei suoi DNA una delle espressioni massime del circoscritto movimento no wave. Superata la fatidica soglia dei 60 anni Lindsay decide di ripartire con un doppio cd che ci offre spunti per una conversazione distesa. Non mancano i momenti di riflessione su una carriera che ha attraversato in maniera longitudinale la scena del dopo-punk, mescolandosi in maniera vibrante con tutte le forme di arte contemporanea. Un piede nella cultura pop e uno – incessantemente – nel ben più radicale universo avant, come se l’asticella si alzasse di continuo e le sfide da portare a casa sempre repentine. Non teme certo confronti il nostro, una delle personalità più poliedriche con cui abbiamo fatto i conti a partire da quando era uno dei migliori agitatori nella Grande Mela che riscattava i luoghi degradati della downtown e preparava il terreno a rivoluzioni non solo stilistiche ma anche concettuali. […]

…segue per 6 pagine nel numero 192 di Blow Up, in edicola a Maggio 2014 al costo di 6 euro

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