Blue Oyster Cult
Blue Oyster Cult
di Roberto Franco

Contesto e Testo
La celebre “Trilogia degli illuminati” di Robert Anton Wilson, giornalista di Brooklyn, e dello scrittore newyorkese Robert Shea, non è solo un di manifesto della cultura pop e del fumettismo letterario, ma anche una sorta di esercizio di autocoscienza della controcultura americana. Essa narra, in forma quasi allucinogena, sotto trip, di eventi influenzati da una lotta millenaria tra gli Iluminati di Baviera (ordine massonico fondato nel 1775 dal povero Adam Weishaupt, che mai credo avrebbe immaginato di essere accusato un giorno da una non trascurabile parte del mondo occidentale dei mali che affliggono l’umanità) e i discordiani. Ovviamente per i due autori gli Illuminati non nascono davvero nel Settecento, essi sono innanzitutto discendenti dei templari e del famigerato ordine degli ismailiti di Alamūt detti Assassini, di Hasan-i-Sabbah, che la “Trilogia” indica come eretici dello sciismo (ignorando che lo sciismo non può avere eretici, ma l’impostazione farneticante dell’opera rende accettabile questo tipo di travisamenti). Gli Illuminati, nella narrazione, sono per di più presenti sulla Terra da millenni e da millenni si sforzano di trasformare il globo in un inferno orwelliano, fanatici come sono dell’ordine e del controllo. I discordiani, alcuni dei quali discendenti degli antichi atlantidei, si oppongono al loro piano.
Tutto ciò non sarebbe particolarmente interessante se non poggiasse su una base filosofica alquanto singolare. Il discordianesimo è una religione-non religione realmente esistente già da prima del 1975, quando venne pubblicato il primo volume della “Trilogia”. I “Principia Discordia”, testo base del culto, erano già apparsi nel 1964-65, attribuiti a Malaclypse il Giovane, ovvero lo scrittore Greg Hill. L’assunto base del discordianesimo è che il principio eristico (derivato dalla dea della discordia Eris), quello del caos, è in costante conflitto con quello aneristico dell’ordine, ispirato dalla sorella sterile Aneris che, invidiosa della fertilità dell’altra, rende attraverso la creazione dell’ordine il vero falso e il falso vero. Un asserto dal sapore gnostico, ma accompagnato da un altro assunto di carattere epistemologico: la stessa nozione di erismo e anerismo è illusoria o falsa. Il discordianesimo ha un lato umoristico, ma non è da sottovalutare la sua teoria basata sulla coesistenza di asserzioni conflittuali, sulla creazione di credi e storie assurdi eppure in qualche senso veri (anche se falsi) proprio per liberare la mente da ogni credenza precedente. Una tecnica di sopravvivenza (o di accesso alla follia?) nella crisi dell’epistemologia occidentale, che è in parte alla base del caos che stiamo attualmente vivendo. Quello che qui ci interessa è il legame fortissimo dell’opera di Shea e Wilson con la dimensione cospirazionista che assume la controcultura statunitense dal ‘67 in poi. Ma anche i tratti epistemologico e maieutico discordiani, che i due autori newyorkesi seguono diligentemente, non sono del tutto estranei a questa piccola trattazione. […]

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