Bossa Nova
Bossa Nova
di Carlo Babando

Il proprietario del bar si avvicinò a passi veloci verso il tavolo, con atteggiamento quasi reverenziale: “Signor Jobim, c’è una telefonata per lei. Chiamano dagli Stati Uniti”. Tom si scusò con il resto della compagnia e raggiunse la cornetta. Dall’altra parte, una voce anonima si limitò ad informarlo: “Buonasera, attenda in linea per favore. Le passo Frank Sinatra”. La breve conversazione che seguiva tra Jobim e Sinatra segnerà una tappa decisiva per lo stile musicale che, qualche anno prima, era stato battezzato “bossa nova” e che il Brasile stava già lasciandosi alle spalle, alla disperata ricerca di qualcosa che sapesse meglio raccontare l’approssimarsi dei tempi bui: erano i tamburi arroventati delle favelas, e delle poesie che sostituivano alle spiagge di Rio le schiene piegate dei contadini privi di terra. Ma New York non ne aveva avuto abbastanza, e il vecchio Frank lo sapeva bene. “Vieni a trovarmi, Tom. Canterò i brani che hai scritto, ne faremo un album intero”. Era il dicembre del 1966 e Ol’ Blue Eyes era ancora uno degli uomini più potenti del mondo, ma era anche uno dei più scaltri, e aveva capito che lo stile su cui aveva costruito la propria fortuna stava ormai facendo il suo tempo. D’altra parte per Jobim era l’occasione per svincolarsi definitivamente dal luogo comune del classico artista latino, così come veniva impacchettato ad uso e consumo del pubblico statunitense: ovvero quello che suona più di pancia che di cervello, abile a maneggiare la chitarra ma molto meno adatto ad allargare le dita sui tasti del pianoforte. Insomma l’esatto contrario di ciò che era l’autore di Desafinado, il quale di recitare la parte del latin lover attaccato alla bottiglia non ne aveva mai avuto l’intenzione, anche se per un po’ gli era piaciuto farlo quando era ancora ventenne. “Un’ultima cosa Tom: non ho tempo per imparare nuovi pezzi, e detesto provare. Prendiamo i classici”. Non tutto il mondo se ne era già accorto, ma alcuni dei brani che avevano puntellato le fondamenta di quella magnifica costruzione coloniale in riva all’oceano – con un nome, “bossa nova”, scelto perché le sue partiture segnavano letteralmente un nuovo modo di affrontare la materia – erano già dei veri e propri classici. Quando “Francis Albert Sinatra & Antonio Carlos Jobim” raggiunse gli scaffali dei negozi, nessuno rimase immune alla febbre carioca. Il segreto? In pochi immaginavano cosa stesse accadendo in Brasile in quello stesso momento. […]

…segue per 12 pagine nel numero 249 di Blow Up, in edicola a febbraio 2019

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