Charles Trenet
Charles Trenet
di Giovanni Vacca

[nell'immagine: Charles Trenet con Edith Piaf]

Pur avendo sempre subito l’egemonia anglosassone, la Francia ha dato un formidabile contributo alla storia della popular music con un genere autoctono, originale, inimitabile: la sua canzone, la ‘canzone francese’. Un genere che si è sempre contraddistinto per l’alta qualità letteraria dei testi, le peculiarità musicali (basti pensare all’inconfondibile sound dell’accordéon) e la straordinaria presenza scenica dei suoi interpreti. L’influenza riconosciuta da Georges Brassens su Fabrizio De André, la presenza di Léo Ferré nel nostro paese (dove ha abitato dal 1968 fino alla morte, avvenuta nel 1993), le frequenti tournée di Juliette Gréco, Charles Aznavour e di altri grandi protagonisti, ormai tutti scomparsi, hanno permesso una certa conoscenza della canzone francese anche in Italia ma, di certo il suo ‘culto’ rimane tuttora per pochi iniziati.
I nomi che abbiamo menzionato, a cui bisognerebbe aggiungere almeno quelli di Jacques Brel e di Yves Montand, sono tutti appartenenti al secondo dopoguerra, quando la chanson visse la sua età dell’oro. Eppure, la canzone francese è ben più antica, essendo questa forse la prima canzone ‘popular’ mai apparsa (basti pensare che la SACEM, l’equivalente francese della nostra SIAE, fu fondata nel 1851, prima di ogni altra associazione analoga), con una storia ricchissima anche precedente all’avvento degli artisti che abbiamo evocato: una storia che risale almeno al periodo della restaurazione post-napoleonica (quando giganteggiava la figura di Pierre-Jean de Béranger, chansonnier di immenso successo popolare), passa per i café-concert, i cabaret di Montmartre (dove sedevano fianco a fianco illustri sconosciuti e musicisti come Claude Debussy e Erik Satie o poeti come Stéphane Mallarmé) e, successivamente, per i music hall, con i trionfi di Maurice Chevalier, Mistinguett e Josephine Baker. Una tradizione che passa, soprattutto, per Aristide Bruant che a fine Ottocento lanciò la ‘canzone realista’, riflesso musicale dei romanzi naturalisti di Zola e Maupassant, lasciandola in eredità a una genia di cantanti donne che ne assunsero i toni drammatici quasi fosse una loro missione storica, come la popolare Fréhel, l’aristocratica Damia, la raffinata Yvonne George e, naturalmente, Edith Piaf, l’ultima rappresentante del genere che poi abbandonò per assumere il ruolo di superstar, con canzoni impeccabili ma evidentemente confezionate per un pubblico internazionale. […]

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