Cinema di supereroi
Cinema di supereroi
di Antonio José Navarro

[immagine da Batman v. Superman]

I fumetti di supereroi sono una forma d’arte popolare genuinamente americana, al pari del jazz e del blues, dei romanzi noir e dei film musicali, o, in maniera certo differente, dei Dunkin’ Donuts e del Jack Daniel’s. Ma i supereroi statunitensi, a dispetto dei loro legami culturali con la mitologia europea precristiana e pretecnologica, sono il prodotto di una società postcristiana, capitalista e ipertecnologica, che ha bisogno di storie che sviluppino in maniera vivida i problemi con cui si confrontano oggi gli esseri umani nel mondo reale. Non c’è dubbio che, come sottolineato da alcuni studiosi, Superman sia il successore naturale di archetipi come Zeus, che Wonder Woman sia l’equivalente di Era, che Batman e Iron Man siano facsimili high tech di Efesto, che Hulk sia una replica imbronciata di Ercole, e che Capitan America sia la versione eterosessuale e, soprattutto, plebea (è sempre stato un ragazzo del Lower East Side), dell’aristocratico e gay Achille… E tuttavia, questi titani moderni si confrontano con gli stessi dubbi e pericoli che assalgono noi, cittadini del 21° secolo, nella nostra immediata quotidianità.
Grazie a pensatori come Umberto Eco o Roberta E. Pearson, abbiamo cessato da molto tempo di considerare i fumetti di supereroi una specie di sottocultura incentrata su pallide imitazioni della Primula Rossa o di Rocambole, con indosso calzamaglie colorate e con un senso molto vittoriano della legge e dell’ordine. Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 il fumetto di supereroi ha patito una notevole crisi di credibilità come artefatto metaforico, superato dalla presenza pubblica delle sue controfigure reali: vigili del fuoco, poliziotti, squadre mediche… e settimane dopo il crollo del World Trade Center, la popolarità crescente di George W. Bush grazie ai suoi discorsi bellicosi, in linea con i più rancidi fumetti di supereroi anni’ 40 — “libereremo il mondo dal male”, proclamava davanti alle rovine di Ground Zero — ne ha fatto per la maggioranza dei nordamericani un titano “che in qualsiasi momento si potrebbe aprire la camicia per rivelare una grossa ‘S’ sul petto”, come scriveva ironicamente la giornalista Peggy Noonan. […]

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