Doo Wop
Doo Wop
di Carlo Babando

[nell'immagine: The Flamingos]

“A BRONX TALE” è l’esordio alla regia di Robert De Niro, uscito nelle sale in un ormai lontanissimo 1993 riprendeva una sorta di one man show scritto e interpretato in una fortunata stagione teatrale di qualche anno prima da Chazz Palminteri nel quale l’attore italoamericano – presente poi anche nel cast del film insieme allo stesso De Niro – ripercorreva in senso vagamente autobiografico la sua infanzia e adolescenza tra le strade di New York. Lecito chiedersi perché iniziare una retrospettiva sul doo wop partendo da un film dei primi anni novanta… ma prima mettiamoci a fare due conti. Quel Chazz Palminteri che probabilmente non vi dice granché, ma che se buttate un occhio sul web capirete di aver incontrato già un mucchio di volte, è nato il quindici maggio 1952 e registrato all’anagrafe come Calogero Palminteri: sangue siciliano (provincia di Agrigento) e una bella avventura da raccontare dei tempi in cui ancora rubava mele dal banco di frutta sotto casa ritrovandosi suo malgrado testimone di un omicidio. E già possiamo iniziare a capire la cosa un po’ meglio, dacché il protagonista di “A Bronx Tale” si chiama proprio Calogero e anche lui viene coinvolto in una situazione non dissimile. Ma, giusto per annusare meglio l’aria in cui ci troviamo, è utile sapere che tutto questo accadeva in una bolla temporale in cui gli autisti del bus ancora scaldavano la radio per godersi l’etere jazzato del primo pomeriggio, il baseball era qualcosa di molto vicino alla religione e – sì, ci siamo – frotte di ragazzi cantavano agli angoli della strada, come recita l’ormai introvabile tomo di Philip Groia “They All Sang On The Corner: A Second Look At New York City’s Rhythm And Blues Vocal Groups”. Ma non allenavano l’ugola solo lì, magari sotto la luce fioca di un lampione a gas: l’eco degli spogliatoi nella palestra della scuola, o direttamente quello dei bagni, poteva anch’esso dare notevoli soddisfazioni; per non dire dei piccoli club a metà tra garage e cantine nei quali stazionavano quelli che neanche maggiorenni volevano darsi un tono giocando a carte e bevendo whiskey scadente. È questa la New York che hanno raccontato Palminteri e De Niro, e proprio su quei marciapiedi (Streets Of The Bronx cantano come in un acquerello estivo i Cool Change, ad aprire la colonna sonora del film) si consuma la vicenda della famiglia Anello e di Sonny, pezzo grosso del quartiere con una pistola sotto la giacca e tanta voglia di educare un figlio mai avuto. Soprattutto è questa la New York in cui si svolge la nostra storia, che è invece un affresco corale e con gli italiani dallo slang “bruccolino” ha a che fare ma fino ad un certo punto, essendo sostanzialmente una vicenda che nasce nei campi di cotone diversi decenni prima. […]

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