Flavio Giurato
Flavio Giurato
di Christian Zingales

[nell’immagine: Flavio Giurato, foto di Umberto Colferai]

DEBUTTO NEL 1978 con “Per futili motivi”, un disco romanissimo che per alterità già lo qualifica fuori e sopra la scena romana, Flavio Giurato va letteralmente in orbita a inizio ’80 con due album tra i più incredibili e importanti della storia della canzone italiana, “Il tuffatore”, 1982, e “Marco Polo”, 1984. Poi la sparizione, a inizio anni Zero con Internet si torna a parlare di questo grande eretico, c’è curiosità poi nel rileggerlo fratello del televisivo Luca e del cinematografico Blasco, ed è un culto che cresce esponenzialmente, lui torna ad esibirsi in situazioni molto intime e intense, viene premiato dal Tenco, pubblica nel 2007 il quarto “Il manuale del cantautore”, un disco molto buono e senz’altro giuratiano che certifica una capacità compositiva ancora brillante ma sta un gradino sotto i livelli abissali raggiunti nei due dischi degli ’80. È uno shock vederlo tornare a navigare quei mari vertiginosi oggi con il nuovo “La scomparsa di Majorana”, un terzo capolavoro nella sua discografia, un nuovo grande tuffo verso inebrianti apnee e deraglianti epiche narrative, l’occasione per questa chiacchierata.

“Marco Polo” l’avevi composto mentre vedevi lo sceneggiato di Giuliano Montaldo, a Majorana come sei arrivato, dal libro di Sciascia?
Il libro di Sciascia sicuramente, e poi un altro bellissimo che si chiama “Cercando Majorana” di Klein Etienne, e avevo visto uno speciale di “Chi l’ha visto?” alla televisione poi. Ma mi appassiona in generale la vicenda di uno che decide di scomparire, levarsi dalle palle completamente, perdere l’identità, mollare tutto, è sempre una cosa affascinante. Mi aveva colpito anche una frase di Lady Diana: “Vorrei essere come una pastiglia di Alka Seltzer che si dissolve nel bicchiere”. Majorana è un personaggio micidiale, questa persona che quando parlava con Fermi sembrava essere lui il professore e Fermi l’allievo, e ha questo destino di dover mettere il proprio talento, la propria genialità, a funzione di qualcosa che poi va a parare come un’arma letale, è qualcosa che mi intriga molto. Ma c’erano diversi fantasmi che iniziavano a pressare, da bambino ho visto “Galileo” di Brecht, Giordano Bruno è un’altra figura che ti rompe le palle continuamente, i filmati della bomba sono roba che segna, il finale del “Dottor Stranamore” di Kubrick, e tutto l’uso della scienza mi girava in testa, qualche tempo fa si parlava molto della clonazione, le staminali, e poi non se ne è più parlato… […]

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