Frank Zappa 1970
Frank Zappa 1970
di Riccardo Bertoncelli

Amo pormi ogni tanto delle futili domande e, fra le tante, come il mio amato Frank Zappa celebrasse certi rituali appuntamenti, per esempio il Capodanno. Non me lo vedo aspettare con trepidazione la mezzanotte del 31 con il calice in mano, circondato dalla famiglia adorante dopo un giro di partite a tombola. Nella sua autobiografia ha lasciato scritto che a casa perdeva volentieri la cognizione del tempo, e probabilmente non solo le ore, anche i giorni sul calendario. Immagino che qualche assistente di fiducia gli tenesse l’agenda e lo avvisasse quand’era l’ora di spostarsi per un tour, una session, un’intervista, schiodandolo dalla forsennata routine di lavoro 24/7, con la sacrosanta pausa delle otto-dieci ore di sonno che il maestro si riservava. E quindi? Quindi se non c’era un concerto in ballo (capitava spesso), la notte del 31 dicembre me lo immagino rintanato nello studio domestico al 7885 di Woodrow Wilson Drive, come la notte prima o come la notte dopo, a trafficare con i nastri, a riascoltare, a progettare, ad abusare la sua Stratocaster.
È appena uscito un pregevole cofanetto di inediti zappiani, The Mothers 1970, e quella futile domanda mi è tornata alla mente, più precisa del solito, circoscritta nel tempo. Come passò Frank Zappa quel San Silvestro, dico l’ultimo dei ‘60, dopo un’annata tanto ricca e tumultuosa e alla vigilia di un’altra da stropicciarsi occhi e orecchie? Sentiva di essere in un momento cruciale della sua vita artistica, volava sulle ali dell’adrenalina che il nuovissimo Hot Rats gli aveva procurato? O non soffriva piuttosto per la fine dei Mothers Of Invention, sacrificati sul finir dell’anno dopo aver fatto due conti ed essersi convinto che mantenendoli rischiava il fallimento? Prego Ahmet, se legge queste note, ma va bene anche il dissidente Dweezil, li prego di farmi sapere qualcosa al proposito. Io posso solo immaginare. […]

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