Kurt Vile
Kurt Vile
Diego Palazzo

La costanza del fabbricatore di hit.

LA RETE, 2009. Una giornalista di moda intervista Kim Gordon in quanto «definitiva icona plurititolata di quest'era» (oltre ad essere una rock star, è anche attrice, musa della moda e stilista). Le due parlano amabilmente di una serie di quadri, «The Noise Paintings», che Kim ha appena realizzato imbrattando delle tele con i nomi di alcuni gruppi per l'appunto noise (mi piace l'idea di prendere qualcosa che non diventerà mai famoso, qualcosa di puro e libero nella sua espressione, e farne il soggetto di un'opera d'arte). Alla fine dell'intervista la giornalista, sperando di carpire qualche autorevole suggerimento per gli acquisti, chiede alla Gordon quale sia il suo ultimo «piacere peccaminoso», e la signora le ammannisce con la solita nonchalance un nome che ai più dice poco o niente: Kurt Vile. Qualcosa di puro e libero.
Philadelphia, 2008. Adam Granduciel fa l'amministratore di un condominio sperduto in periferia, il che significa doversi occupare in prima persona delle mansioni più disparate, dalla potatura dei cespugli ai vari lavoretti di manutenzione negli appartamenti. Quello che resta della giornata Adam lo impiega nel dare forma al suo progetto musicale, i War On Drugs. L'idea di mettere su una band, nata quasi per scherzo da qualche birra di troppo, si è venuta definendo sempre più negli ultimi anni, da quando Adam, appena trasferitosi in città da Oakland, ha conosciuto un tipo bizzarro, un capellone, uno con un nome che suona già come quello di una rock-star o la sua parodia. Il ragazzo è un abile chitarrista con la passione per Dylan, come Adam, ma uno stile fingerpicking che ricorda quello di John Fahey e una cultura che spazia dal rock più classico al bluegrass: tutta colpa del padre, che per il suo quattordicesimo compleanno gli ha regalato un banjo invece di una chitarra. […]


…segue per 2 pagine nel numero 180 di Blow Up, in edicola nel mese di Maggio 2013 al costo di 6 euro.

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