Lawrence Durrell
Lawrence Durrell
di Maurizio Bianchini

Ci sono libri che ci inseguono nel tempo; che chiedono, anzi no, esigono di essere letti esercitando il blando ricatto morale di chi ha dedicato l’intera esistenza a scriverli, senza riceverne in cambio neppure di che vivere decentemente, mentre altri, dotati del talento di una copista e della sensibilità di un piazzista, hanno fatto la bella vita pubblicando 20 volte di seguito lo stesso libro (un’ingiustizia alla quale, come alla morte, non c’è rimedio). Ho letto per la prima volta il nome di Lawrence Durrell in un articolo su Malcolm Lowry. Non avevo trovato Sotto il vulcano in nessuna libreria (era uscito da poco il film di John Houston tratto dal libro e se ne faceva un gran parlare sulle pagine culturali), ma Justine di Durrell sì. Nelle cose che avevo letto era il romanzo che gli veniva accostato più di frequente. Mi resi conto solo a casa che si trattava del primo volume di una tetralogia, il Quartetto di Alessandria e, più avanti, che gli altri tre erano fuori commercio da un pezzo. Lo misi da parte, aspettando inutilmente per anni la ristampa degli altri tre. Avevo l’impressione, ogni tanto, che mi chiamasse alla lettura dal posto assegnato sulla libreria. Ma per farlo ho dovuto aspettare che l’abnegazione di Einaudi riportasse finalmente sugli scaffali, oltre a Justine, anche Balthazar e, ora, Mountolive: libri preziosi ma per i quali ho qualche dubbio che la gente si accapiglierà all’entrata delle librerie. Ma poter leggere insieme i primi tre volumi ha più che compensato la lunga attesa. Non manca a questo punto che la pubblicazione di Clea, il prossimo autunno, per collocare anche l’ultimo tassello dello strano mosaico letterario che è il Quartetto di Alessandria. Sulla cui struttura vorrei tornare dopo però aver fornito qualche elemento in più per contestualizzare un’opera, ed un autore, che non hanno certo goduto da noi di grande fama. […]

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