Marina Cvetaeva e Simone Weil
Marina Cvetaeva e Simone Weil
di Maurizio Bianchini

Nel cuore del primo Novecento, in cui masse ottenebrate da opposti totalitarismi lavorano su scala planetaria alla cancellazione dell’individuo, molecola prima di ogni civiltà umanista, due figure la cui eccezionalità è ancora ignota ai più – Marina Cvetaeva e Simone Weil – perseguono, all’oscuro l’una dell’altra e in modo non sempre chiaro a loro stesse (la Cvetaeva soprattutto), il tentativo forse più eroico nel nostro tempo di difendere dalla tabe autoritaria la fattispecie vivente che è la persona, il singolo, portato all’onore e all’onere della storia dalle laudi drammatiche e i Misteri del medioevo più profondo, ma meno oscuro di quanto si creda, durante i quali la Passione di Cristo è sottratta al cerimoniale ecclesiastico per essere rivissuta in proprio dal popolo minuto: da ogni singolo fedele che attraversa così a sua volta il martirio; dalla poesia di Cecco Angiolieri, peccatore d’alto bordo, degradato dalla nobiltà cui apparteneva e che sperimenta da escluso la solitudine di una condizione umana non protetta dal potere e abbandonata a sé stessa; dalla ribellione del fratello in arte e in spirito, François Villon buffone, truffatore e poeta maledetto condannato a morte; dai poeti provenzali con la loro generosità e l’afflato per i deboli; da San Francesco affratellato ad ogni singola entità vivente, o anche solo presente, sulla faccia della terra; da Giotto che apre agli ultimi i suoi affreschi; dai Catari, i puri, gli eretici dalla natura duplice in cui si confrontano i principi supremi del bene e del male ma senza la mediazione della Chiesa, che per ciò lancerà contro di essi una crociata, l’antenata del genocidio, con lo sterminio sistematico non di un una religione diversa ma dello stesso credo, diversamente interpretato (come farà anche Stalin con milioni di comunisti non allineati); da Giordano Bruno che brucia con le sue idee e da Galilei che le nasconde in un finto pentimento dal quale non hanno mai smesso di irradiarsi; da una lettura dal basso dell’Illuminismo che lo vede, prima del suo sterile irrigidirsi in uno sapere tronfio di sé e immune dai sentimenti, spalancare a tutti, con l’Encyclopédie, le porte della ragione e della conoscenza. […]

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