MARTYN BATES
MARTYN BATES
di Paolo Bertoni

NELL'ARTICOLO su Eyeless In Gaza nel BU#62/63, mi ripromettevo di estenderlo con una trattazione della non meno ricca discografia inanellata da Martyn Bates al di fuori della suddetta sigla. Due album solisti di pregiata fattura a distanza di un anno, “Unsung” (BU#176) e “Arriving Fire”, di cui s'è detto lo scorso mese, si sono proposti come perentorio invito a mantenere senza ulteriori indugi l'impegno.
Le prime tangibili tracce dell'arte del poeta di Nuneaton risalgono al '79, in due dei tre brani del singolo di debutto di Reluctant Stereotypes, che lascerà subito dopo, prima che la formazione della vicina Coventry viri su sponde ska. Nel suono caotico di The Lull non è tanta la distanza da certe nevrosi di “Photographs As Memories”, seppure si infilino intermezzi swinganti e free, più accomodante The Rounds, duello tra voce e clarinetto, con divagazioni che cercano di neutralizzare una discreta efficacia melodica: “Ero entrato, voce e organo, quando ancora si chiamavano ENS, una art rock band che faceva, bene, cose abbastanza vicine ad Henry Cow. Era il '78, quando abbiamo pubblicato il singolo, in parte decente, per la Oval di Charlie Gillet, il nome era diventato Reluctant Stereotypes. Subito dopo ho lasciato, hanno mantenuto quella sigla e si sono trasformati nella formazione tra ska e pop che forse, avendo firmato per la Warner, qualcuno conosce - un album e altri quattro singoli ndr - con alla voce Paul King. Eventualità major che non si era presentata finché ero con loro, dico sempre che forse ero proprio io che rovinavo il gruppo.” […]

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