Morte digitale
Morte digitale
di Fabio Donalisio

1. Digital Death
“Tutto comincia con la conta dei morti. Alla propria morte, ciascuno dovrebbe diventare unico come Dio. Un morto e un altro morto non sono due morti. Più agevole sarebbe la conta dei vivi, e quanto funeste sono già simili addizioni.”

“Più morti che vivi” e “cimitero digitale”. Sono espressioni forti, e non certo rassicuranti, per descrivere, pur con enfasi giornalistica, ciò che sarà di Facebook e degli altri social network nel prossimo futuro.”

Ci si conceda un aneddoto: qualche anno fa, durante una di quelle logorree tardo-serali o presto-mattutine indotte da quantità eccedenti di etanolo che prendono gli adulti istruiti quando gli effetti dei sedativi cominciano a svanire, con un paio di amici – e con imbarazzante orgoglio – favoleggiammo di uno sfavillante progetto imprenditoriale, creare Gravebook, il primo e unico social network dedicato esclusivamente ai defunti. “Tizio è appena morto, aiutalo a orientarsi su Gravebook, scrivi qualcosa sulla sua lapide!” Da buoni esteti post-romantici, ammaliati dal turismo cimiteriale, devoti al silenzio mortuario e al pacchianesimo dell'arte del ricordo, ci si fece beffe del macabro, e ci si rise sopra, consci che la risata è proverbialmente atto di seppellimento. Si fece un brindisi alla calvizie di Undertaker redivivo – e a tutto lo scialo di steroidi dell'epoca ormai passata nonché aurea del wrestling primigenio. Poi un sonno malfermo e agitato ci ammannì la grazia dell'oblio.
Ma, è noto, la realtà ha il brutto vizio di superare – quando non seppellire – la fantasia. Ed ecco che oggi si fanno i conti, in saggi divulgativi ma precisi, quasi costernati, come il qui presente di Zaccuri, con un nuovo tipo di (im)mortalità, quella che ormai – ma siamo in tempi di post-verità, quindi ogni definizione porti con se la giusta dose di grillesca diffidenza – viene chiamata “morte digitale”. […]

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