Ohio Wave 2: Akron
Ohio Wave 2: Akron
di Federico Guglielmi

“THE RUBBER capital of the world”: così, circa un secolo fa (ma anche dopo), era conosciuta Akron, la quinta città più estesa dell’Ohio, che nel 1930 contava duecentocinquantamila abitanti. La qualifica aveva basi inattaccabili: Goodyear, B.F. Goodrich, Firestone e General, le quattro principali aziende produttrici di pneumatici degli USA, avevano tutte sede lì, con effetti benefici per l’occupazione ma tragici per l’ambiente. Nonostante qualche tentativo di risanamento fosse già stato avviato, negli anni ’70 i residenti - non molti in più rispetto al 1930 - vivevano ancora male, come in un incubo da romanzo di Philip K. Dick: nessuno stupore che i Devo, la band di Akron più famosa di sempre alla pari (?) dei Black Keys, abbiano elaborato la teoria della De-Evolution sulla quale è fondata la loro poetica testuale e musicale ispirandosi a ciò che vedevano ogni giorno con i loro occhi. E proprio su tale fama non esattamente positiva provarono a speculare i responsabili della label londinese Stiff, che nel 1978 aveva pubblicato in Europa i primi tre singoli dei Devo ma che, non potendo battere la concorrenza di colossi come Warner Bros e Virgin, aveva già “perso” il gruppo, confezionando nello stesso anno la raccolta “The Akron Compilation”: quattordici brani di dieci artisti per affermare il concetto che ad Akron esistevano molte altre potenziali stelle. La cosa per certi versi comica (e, lo si suppone, scherzosa), era l’apparato iconografico: sopra la foto del murale “Shine on America” troneggia uno spaccato di copertone con la scritta “Akron”, mentre retro, centrini e foglio interno sono pieni di immagini che fanno riferimento alla famigerata industria della gomma… quella stessa gomma della quale si percepirebbe l’odore nel caso si grattasse un po’ il copertone. Roba da pazzi. […]

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