Patricia Highsmith
Patricia Highsmith
di Roberto Curti

“Gli americani scelgono sempre i loro eroi tra i criminali”
[Oscar Wilde]

“ERA UNA MATTINA fresca e tranquilla, l’alta scogliera dietro di me digradava a destra e a sinistra del mio campo visivo […]. Poi notai un giovane americano in pantaloncini e sandali e un asciugamano in spalla, che camminava lungo la spiaggia […]; vidi soltanto che aveva i capelli lisci e piuttosto scuri. Aveva un’aria pensosa, forse preoccupata. E perché era solo? […] Aveva litigato con qualcuno? Che gli passava per la testa? Non lo vidi mai più.”
Se è vero che ogni personaggio di fantasia ha sempre e comunque un proprio doppio reale, vivo o morto, il vero Tom Ripley è una presenza fuggevole che Patricia Highmith osserva su una spiaggia di Positano, nell’estate 1952. Se ne ricorderà due anni dopo, nel corso di sei frenetici mesi in cui mette febbrilmente insieme, tra correzioni e ripensamenti, il canovaccio di un romanzo inizialmente intitolato Pursuit of Evil, The Thrill Boys, quindi Business Is My Pleasure, e infine The Talented Mr. Ripley. E che forse nasce proprio da quella domanda che frullava in testa alla scrittrice: cosa gli passava per la testa? Ed è nella testa di Tom Ripley che la Highsmith ci conduce in Il talento di Mr. Ripley e nei quattro che seguiranno, scaglionati nel corso dei sette lustri successivi. E ciò che passa per quella testa non è sempre piacevole. Anzi.
In cosa consiste Il talento di Tom Ripley, a cui allude il titolo del romanzo del 1954? A una prima lettura, si direbbe, principalmente nella falsificazione, nella truffa, nella bugia e, incidentalmente, nell’omicidio. Queste, almeno, le tappe che accompagnano Tom nel suo viaggio in Italia dove prende forma – una forma, come accadrà spesso nelle opere della Highsmith, sfilacciata e traballante, lontana dall’oleata perfezione del thriller canonico – la vicenda che lo vede protagonista. Ma c’è ben di più. Il talento di Ripley è, attraverso gli strumenti del camuffamento, della contraffazione, della menzogna e della sopraffazione fisica, quello che gli consente di annullare la propria identità – un’identità tormentata e insicura, preda di complessi ossessioni e rovelli interminabili. Tom Ripley è l’uomo senza qualità della seconda metà del Novecento. Può essere chiunque altro perché non è nemmeno sicuro di ciò che lui stesso è. O forse, non vuole esserlo: e piuttosto che affrontare il proprio io, tanto vale fabbricarsene un altro. […]

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