Pylon
Pylon
di Giancarlo Turra
OSSERVANDOLO dall’esterno, lo stravagante animale a rischio di estinzione chiamato giornalismo musicale può apparire soggetto a periodici attacchi di instabilità. In realtà non si tratta di una malattia, ma di un’inclinazione che taluni definiscono “revisionismo” e, quando non serve da paravento per chi cerca di distinguersi sparandole grosse, è un atteggiamento molto più costruttivo rispetto allo spargere bile dal proprio orticello su ciò che non piace o che si fatica a comprendere. Per quanto ci riguarda, chi scrive di musica (e di cinema, di letteratura, di arte, di politica…) dovrebbe essere un appassionato esente da preconcetti pronto a mettere in discussione sé e la sua visione delle cose, mai e poi mai un ultrà o un autoriferito terminale. Venendo quasi al dunque, rileviamo che circa trentacinque anni or sono il mercato discografico assumeva la fisionomia cui eravamo abituati fino a poco tempo fa: presto, la mole di ristampe scaturita dall’avvento del CD avrebbe causato una ridiscussione analitica / critica della popular music e, fatti salvi gli inossidabili, incontestabili e arcinoti punti fermi, da lì in poi ci saremmo immersi dentro un flusso in continua mutazione. Ovviamente, senza le rivelazioni concesse da quei dischetti lucenti non avremmo reputato importanti e influenti nomi che appartengono loro malgrado alla dimensione del “culto allargato” come i Pylon, a proposito dei quali occorre precisare che la reperibilità dei dischi è stata risolta molto più tardi rispetto alla media. […]
…segue per 4 pagine nel numero 331 di Blow Up, dicembre 2025
• Se non lo trovate in edicola potete ordinarlo direttamente dal nostro sito (BU#331) al costo di 12 euro (spese postali incluse) e vi verrà spedito immediatamente come ‘piego di libri’ (chi desidera una spedizione rapida ci contatti via email).
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Ogni mese Blow Up propone monografie, interviste, articoli, indagini e riflessioni su dischi, libri, film, musicisti, autori letterari e cinematografici scritti dalle migliori penne della critica italiana.
OSSERVANDOLO dall’esterno, lo stravagante animale a rischio di estinzione chiamato giornalismo musicale può apparire soggetto a periodici attacchi di instabilità. In realtà non si tratta di una malattia, ma di un’inclinazione che taluni definiscono “revisionismo” e, quando non serve da paravento per chi cerca di distinguersi sparandole grosse, è un atteggiamento molto più costruttivo rispetto allo spargere bile dal proprio orticello su ciò che non piace o che si fatica a comprendere. Per quanto ci riguarda, chi scrive di musica (e di cinema, di letteratura, di arte, di politica…) dovrebbe essere un appassionato esente da preconcetti pronto a mettere in discussione sé e la sua visione delle cose, mai e poi mai un ultrà o un autoriferito terminale. Venendo quasi al dunque, rileviamo che circa trentacinque anni or sono il mercato discografico assumeva la fisionomia cui eravamo abituati fino a poco tempo fa: presto, la mole di ristampe scaturita dall’avvento del CD avrebbe causato una ridiscussione analitica / critica della popular music e, fatti salvi gli inossidabili, incontestabili e arcinoti punti fermi, da lì in poi ci saremmo immersi dentro un flusso in continua mutazione. Ovviamente, senza le rivelazioni concesse da quei dischetti lucenti non avremmo reputato importanti e influenti nomi che appartengono loro malgrado alla dimensione del “culto allargato” come i Pylon, a proposito dei quali occorre precisare che la reperibilità dei dischi è stata risolta molto più tardi rispetto alla media. […]…segue per 4 pagine nel numero 331 di Blow Up, dicembre 2025
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TUTTLE Edizioni - P.iva 01637420512 - iscrizione rea n. 127533 del 14 Gennaio 2000







