Raime
Raime
di Antonio Ciarletta

Prima di pubblicare “Quarter Turns Over a Living Line”, i Raime avevano già dato dimostrazione di originalità. L'avventura discografica del duo londinese inizia nel 2010 con il “Raime EP” e con il singolo If Anywhere Was Here He Would Know Where We Are / This Foundry (Regis Version). Sebbene poco considerato, l’EP contiene in realtà già tutte le caratteristiche del Raime sound ma, diversamente da “Quarter Turns Over a Living Line”, è caratterizzato da una dinamicità e da una comunicatività maggiore. È come se Joe Andrews and Tom Halstead non avessero ancora intenzione di scendere in quell'inferno che sembrava attenderli. L'EP contiene tre pezzi che, risentiti a quasi sei anni dalla loro pubblicazione, conservano ancora una potenza visionaria e una capacità sincretica da lasciare a bocca aperta. Stupisce, ad esempio, un pezzo come This Foundry, un funk industriale che fa venire in mente i Clock DVA di “Thirst”, ma dei Clock DVA rallentati e ancor più acidi. L'infossata Retread pare invece venir fuori direttamente dal primo disco degli Ike Yard, troppo poco considerata band degli anni Ottanta riscoperta proprio dagli artisti della Blackest Ever Black e del giro industrial techno. Mentre nella scultura metallica di We Must Hunt Under The Wreckage of Many siamo già in orbita “Quarter Turns Over a Living Line”, con il suono che diventa statico e profondo. Il singolo If Anywhere Was Here He Would Know Where We Are è un'altra variazione sul tema. È uno dei pezzi più dinamici dei Raime, dove le percussioni tribali evocano la medesima foresta dell'animo richiamata dallo Shackleton di “Music for the Quiet Hour / The Drawbar Organ Eps”. Mentre nei due pezzi del singolo Hennail il suono si asciuga fino a diventare contundente e metallico: qui anche il silenzio trafigge e deturpa, “Quarter Turns Over a Living Line” è praticamente alle porte.
In uno dei suoi rari momenti illuminati, nella recensione di “Quarter Turns Over a Living Line” Pitchfork usava ripetutamente termini come alienation, abandon “logical endpoint for dubstep”, dead zone, rest, “cold ripple of alienation and abandon”. Ecco, pur in un senso diverso, zona morta è il concetto che più mi è capitato di associare alla musica dei Raime, in quanto pochi dischi come “Quarter Turns Over a Living Line” mi hanno fatto pensare al suono dell'apocalisse tecnocratica. Quel momento (si spera soltanto distopico, ma considerato l'andazzo...) in cui la tecnica, avendo ucciso definitivamente la politica, si pone come strumento di controllo globale, pervasivo e ineludibile. Quel momento in cui chi governa le sorti del globo, schiavo della logica dei grafici e dei numeri, diviene giocoforza sordo rispetto alle soggettività e ai sentimenti. Quel momento è il momento della morte dell'umano come soggetto sociale, e quale musica migliore per rappresentare il decesso se non quella dei Raime del primo disco? […]

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