Richard Ford
Richard Ford
di Maurizio Bianchini

Reading / writing people, we are finished, we are ghosts witnessing the end of a literary era.
Philip Roth Exit Ghost

1.
Col compimento dell’ultimo atto, la quadrilogia di Frank Bascombe può essere finalmente collocata accanto a quelle di ‘Coniglio’ Angstrom e di Nathan Zuckerman, un genere di imprese titaniche che la grande narrativa ha ceduto all’immaginario infantilista (pardon: young adult) del fantasy, nonostante forniscano ancora, come la coda incendiaria di un tramonto interminabile, occasione di stupore e di riflessione su una scena letteraria, quella americana, che è stata, e resta ancora, sebbene con segni sempre più evidenti di usura, la più vitale del secondo dopoguerra. Di questo, però, poi: ora un po’ di nuda contabilità critica. Sul titolo del libro che chiude la quadrilogia di Ford, per cominciare: quel Tutto potrebbe andare molto peggio che tradisce, come peggio non si potrebbe, l’originale Let me be Frank with you, giocato sulla ambiguità semantica fra il nome proprio del protagonista e l’aggettivo frank = ‘sincero’ (come accade con The importance of being Earnest di Wilde, dove earnest è anche ‘onesto’ oltre che ‘Ernesto’, senza che a nessuno sia mai venuto in mente di rititolare il play Così è se vi pare o I conti tornano sempre). Ora, sarebbe un’impresa ardua trovare, fra gli scrittori di livello, uno che più di Ford rifugga da sottigliezze, agudezas e acrobazie verbali fine a se stesse – i suoi maestri, Fitzgerald,Yates, Purdy, Percy gli hanno insegnato a tenere le parole al loro posto, e non andare oltre i compiti assegnati. Cancellare quella ambiguità equivale a rimuovere la sovrapposizione in qualche modo rivendicata fra l’autore e il protagonista. Vestissi i panni del diretto interessato, mi incazzerei di brutto con chi ha asfaltata l’intenzione all’origine del libro. Bastava rileggersi le prime righe per aver chiaro come fosse Richard Ford, ‘to be frank’ (= ‘a dire la verità’), a mettere in bocca a ‘Frank’ Bascombe le riflessioni sulla devastazione lasciata dall’uragano Sandy che nel 2012 devastò la Costa del New Jersey: “Strane fragranze arrivano sulle ali di un’inquieta brezza invernale nella Shore questa mattina, due settimane prima di Natale. Corone di fiori su un mare minaccioso suscitano aspettative negli sconosciuti. È il profumo delle riparazioni edilizie e delle ristrutturazioni su vasta scala. […] È l’atmosfera di un disastro senza limiti. Al mio naso – che un tempo si intendeva di queste cose – niente sa di rovina più delle iniziali operazioni di soccorso”. Se è vero che ogni autore parla attraverso i suoi personaggi – e però non lasciarlo trapelare è il suo gioco di prestigio – allora deve esserci un cazzo di motivo per spingerlo a ribadirlo, sia pure con un gioco di parole – a mettere in chiaro quanto quella tragedia ha significato per lui e per Frank Bascombe. Ford stesso, del resto, ha avuto la bontà di farlo, definendo in un’intervista Let me be Frank il “fuori programma emotivo” di una trilogia già chiusa. […]

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