RPM: Banco Del Mutuo Soccorso "Darwin!"
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di Giovanni Vacca

Mi chiedo da sempre perché il rock progressivo abbia avuto tanta presa sulla mia generazione. Eppure quando eravamo ginnasiali, nel biennio 1977-79, il momento d’oro del progressive era già passato, messo in crisi dalla ritrovata energia dispiegata dal punk e dalla incipiente new wave, come allora la si chiamava, e sepolto dall’astio di una certa critica che lo detestava e lo considerava, non senza qualche ragione, un tradimento del primigenio spirito del rock ‘n’ roll (ma sarà poi vero che i “dinosauri” del rock siano poi stati veramente messi in crisi dal punk? E come avrebbero fatto i Pink Floyd, allora, a portare avanti tour di successo come quelli di Animals, nel 1977, o The Wall, 1980? Nutrire qualche dubbio è lecito…). Noi, in ogni caso, cercavamo loro: forse perché li trovavamo nelle stanze dei fratelli maggiori che, con compiacimento, ci permettevano di ascoltarli. Erano già i nomi a incantarci, nomi enigmatici come Yes, Genesis, Jethro Tull, Gentle Giant, King Crimson e poi Pink Floyd, appunto, che all’epoca si diceva significasse ‘Fluido rosa’ (e chi li aveva mai sentiti nominare Pink Anderson e Floyd Council?). Poi le copertine dei dischi, delle vere e proprie esperienze sensoriali per l’olfatto, il tatto e la vista, che se ce le fossimo potute anche mangiare avremmo completato tutto il catalogo dei sensi: copertine colorate, con le foto di musicisti capelloni; copertine che spesso si aprivano in tutte le direzioni, con pagine interne, fino a diventare, come nel caso di Thick as a Brick, un vero e proprio giornale quotidiano inglese con tanto di cruciverba e di foto sexy (tipo The Sun, per capirci); i testi, infine: quasi sempre presenti, in Selling England by the Pound, perfino tradotti. Che differenza con gli spartani dischi di altri generi musicali! Solo i cantautori, l’altra scoperta di “noi giovani” che vivevamo ancora nell’atmosfera del ’77, avevano in qualche caso delle copertine fantasiose e includevano i versi delle canzoni, essenziali per il loro discorso. […]

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