RPM: John Mayall “The Diary Of A Band Volume One / Volume Two”
RPM: John Mayall “The Diary Of A Band Volume One / Volume Two”
di Riccardo Bertoncelli

Era il 1968, avevo sedici anni e mi innamoravo di tutto. Ragazze neanche a parlarne, era il rock la mia riserva di paradiso. Quell’estate caddi fulminato per una banda di disperati con mustacchi e capelli unti che in copertina a un loro disco vestivano grotteschi abiti da donna. Non capite male, non era l’estetica che mi interessava, era quello che ribolliva sotto: elettronica, cabaret, rumori corporali, brani che derapavano l’uno contro l’altro sotto la perfida direzione di un leader che teorizzava l’absolutely free e l’eccentricità come via di salvezza nella nascente società dei polli d’allevamento.
Venne l’autunno e il mio cuore poliamoroso chiese altro. Ero abbonato a una rivista che dava poco spazio alla ricerca e al “progressivo” ma aveva un’impagabile sezione che segnalava nel dettaglio tutti i dischi che mese dopo mese uscivano da noi - “Musica e Dischi”. Lì, nel magico riquadro della Decca Records (dischi originali oltretutto, importati direttamente dalla casa madre), trovai per la prima volta il nome di John Mayall e dei Bluesbreakers. Non ne sapevo niente, nessuno ne sapeva niente, ma carta cantava: quel signore certamente inglese esisteva, faceva blues e pubblicava copiosamente, dato che nell’elenco Decca delle novità e dischi recenti trovavo almeno tre LP, anzi quattro, se è vero che il più curioso e intrigante, The Diary Of A Band, era suddiviso in “volume 1” e “volume 2”, vendibili separatamente.
Strana scelta commerciale, però generosa, che mi convinse a un coraggioso tentativo in due puntate. Fui premiato, e le stranezze erano solo all’inizio. Mi arrivarono due dischi dalla grafica identica, con una meravigliosa copertina color seppia in cui un capelluto signore over 30 con giubbotto molto vissuto portava in spalla una chitarra dalla foggia strana anch’essa temprata da mille battaglie. Il sottotitolo era promessa & mistero: “selected highspots from sixty hours of Bluesbreakers club recordings 1967”. Misi la puntina sul primo solco della facciata A del volume 1 e caddi in una vertigine di piacere che avrebbe cambiato la mia vita. […]

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