RPM - Public Enemy: It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back
RPM - Public Enemy: It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back
di Alberto Piccinini

VENTICINQUE ANNI DOPO non è ancora chiaro se l’assolo di Funky Drummer di James Brown - sul quale i Public Enemy poggiarono l’architettura di Rebel Without a Pause – fosse un campionamento dell’originale oppure se, come recita una mezza leggenda, Flavor Flav rifece tutto in studio in tempo reale, velocizzando il bum-bum-cha-tikki-tikki-tikki da 81 a 109 bpm. Se infine, come è più probabile, fossero state sovrapposte le due tracce nel mix finale. E altri particolari ancora, per nulla secondari, pure indagati da una ricca bibliografia storica e critica dedicata al gruppo di Long Island, New York.
Rebel Without a Pause fu il primo mattone dell’album “It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back”. Uscì come singolo sul finire del 1987. Nella versione di pubblicata sul 33 giri gli venne aggiunto in coda un frammento dell’esibizione dal vivo all’Hammersmith Odeon di Londra. “Bring that beat back!” ripetono Chuck D e Flavor Flav al dj Terminator X. E lui - sembrerebbe - fa ripartire James Brown, pulito, dal vinile. Chissà perché allora nel 2008 Chuck D stese un altro velo di mistero su uno dei pezzi più guerriglieri di tutti i tempi, che all’epoca lasciò stesi e senza fiato hip-hopper già scafati e rokkettari annoiati, e sostenne che no, il break usato non era Funky Drummer.
Hank Shocklee, cervello della Bomb Squad - il quartetto di dj e scultori sonici che nella cantina di mamma realizzava le basi del gruppo - aveva spiegato a sua volta con una certa autorevolezza che il groove di Rebel Without a Pause è in realtà il risultato complessivo di quattro loop sovrapposti che girano senza mai coincidere perfettamente. I Public Enemy cercavano in quel periodo un modo per allontarsi dal suono troppo prevedibile delle drum machine per averne uno più imperfetto e umano. La performance di Flavor Flav sui tasti del campionatore Akai S900 - ricordava ancora Shocklee - ebbe l’effetto di trasformare il taglia e cuci di studio in una specie di infuocata jam session. Sul filo di quell’entusiasmo Chuck D avrebbe rappato il testo in tre acrobatiche takes, ricominciando da capo ogni volta che perdeva il filo. […]


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