RPR: Tom Waits "Swordfishtrombones"
RPR: Tom Waits "Swordfishtrombones"
di Girolamo Dal Maso

Becchini, vongole e merda di cane
Il capo (Egli) mi ha chiesto di scrivere un RPM su “Swordfishtrombones” di Tom Waits. Perché, dice, il disco usciva esattamente quarant’anni fa, il primo settembre 1983, e per l’occasione verranno rimasterizzati e ristampati tutti i dischi pubblicati per la Island: bisogna festeggiare e celebrare e io sarei la persona giusta.
Cavoli! Ultimamente mi sta quasi stalkerizzando. Del resto, non ha neanche tutti i torti. Ho scoperto dal mio commercialista (in realtà è quello di mia sorella) che per l’anno scorso non mi ha preparato il CUD perché non ho scritto niente per la rivista (il che non è del tutto esatto: aveva dei pezzi miei, ma non li ha pubblicati). Così – a suo dire – devo darmi da fare per recuperare gli articoli persi per strada, o meglio mai fatti. Tra oneri e onori quello che mi ha convinto ad accettare la missione sono state però le onoranze funebri. Non sto scherzando. Quando devo scrivere un pezzo [perché - almeno per me - se scrivo è perché sono obbligato a farlo, non ne posso fare a meno, come un tarlo che mi rode fino a che non si è mangiato tutto il legno], dicevo, quando devo scrivere un pezzo, tutto parte dall’ascolto, secondo un protocollo abbastanza rigido: ascolto, scrivo, penso, leggo, correggo, invio. Così è stato anche per “Swordfishtrombones”. Non sapendo che cavar fuori di originale o plausibile da un disco che chi legge questa rivista già conosce a menadito con tanto di testi, contesti e sottotesti, mi sono messo a riascoltarlo, per vedere che parole ne sarebbero uscite.
Era da un po’ che non lo sentivo, così, queste mattine, mentre scendo a piedi da quel bubbone infestato cresciuto sulle colline che fanno sobbalzare l’orografia di Napoli, la mattina relativamente presto, col sole che già comincia a rendere appiccicaticci i pantaloni dopo 5 minuti di passeggiata, “Swordfishtrombones” mi fa compagnia, mentre cammino con le cuffiette. Ogni tanto mi fermo a scrivere qualche appunto, a bestemmiare per qualche merda di cane a terra o a fare lo slalom tra le vaschette di pesci e crostacei che un pescivendolo ha scaricato davanti al negozio. Ora che ci penso, non ho mai controllato se ci fosse del pesce spada. Stamattina mi è capitata una scena che mi ha fatto sentire letteralmente DENTRO “Swordfishtrombones”. Stavo fermo a scrivere, in mezzo al marciapiede, qualche considerazione su Detroit e New Orleans, con la testa china sul cellulare il cui T9 voleva per forza inserire delle vongole. Non immaginate quanto frustante possa essere boomer in certe situazioni. Quando ho alzato gli occhi, per cercare di farmi venire una parola che non riuscivo a trovare, mi sono trovato davanti, tutto d’un colpo, una pila di bare incelophanate, nuove di zecca. Prima non c’era niente, ora c’era questa allegra colonna di legno proprio davanti al mio naso. Non sapendo se ridere o grattarmi, ho fatto entrambe le cose, immaginandomi il buon Tom a scrivere un pezzo su una inusuale consegna Amazon. Cose che capitano, in fondo, no? Tra l’altro la via dello schiattamorti porta pure il mio nome.
Ecco, “Swordfishtrombones” è questo per me: non immagina mondi, ma li crea, te li butta davanti agli occhi; li va a scovare non in un mondo di fantasia, ma nella realtà. E se non stai attento, ci inciampi addosso. […]

…segue per 6 pagine nel numero 304 di Blow Up, in edicola a settembre 2023

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