Southern Gothic
Southern Gothic
di Daniele Rosa

[nell'immagine: Mai Mai Mai - Maria Violenza, by Fabio Reitano]

1. Sud e magia
“Un’altra forma di superstizione che sopravvive in Europa è la credenza nell’arte della magia e della stregoneria. Ancora oggi vengono riportati casi del genere in Germania, Francia e, soprattutto, Italia meridionale…
…Tutto questo comporta che sembra esserci un mercato piuttosto vasto per prodotti di natura in qualche modo indefinibile che hanno valore soltanto nella misura in cui l’acquirente è aperto a credenze superstiziose.”
(Gustav Jahoda, “The Psychology of Superstition”, Allen Lane The Penguin Press : London, 1969)

La mamma di Toni è una strega. È lui a raccontarmelo, al tavolo che condividiamo in un assolato dopopranzo nella periferia est di Roma - Roma, la città che, dai tempi in cui Cicerone commentava con sprezzo il lavoro degli aruspici e fino al celebre racconto di Flaiano, è riuscita a disincantare qualsiasi magia e qualsiasi forma di vita intergalattica, e che pure non ha tolto l’incanto dall’arte, e forse dall’anima, dell’uomo seduto di fronte a me. Toni Cutrone, appunto, che oggi si chiama Mai Mai Mai e che si chiamava ancora Antonio quando tanti anni fa, ancora bambino, si alzava di nascosto dal letto quando sua madre e gli altri grandi, chiusi in una stanza, compivano i loro incantesimi, o forse erano riti, o forse… Non lo so, perché nemmeno Toni lo sa, lui sa solo che era lì, acquattato dietro alla porta, attendendo silenzioso che l’arcano si svelasse in qualche misterioso modo. E in qualche misterioso modo, una sera, accadde: un rumore diverso dagli altri, un istante più fermo e più lungo di tutti gli istanti precedenti. Poi mancò la luce, e il piccolo Antonio corse via a nascondersi sotto le coperte, incerto tra lo spavento e la meraviglia, uno stato in cui rimase fino al mattino – e poi fino al mattino successivo, e a quello dopo ancora, e ancora e ancora, fino a oggi. Lo spavento e la meraviglia, il buio e la luce, quelle impressioni e sensazioni che tutti gli esseri umani hanno provato e sulle quali i più grandi letterati e pensatori della storia hanno scritto nel tentativo di razionalizzarle ma senza intaccarne davvero la potenza, sono anche, oggi, i bordi della musica di Mai Mai Mai – in mezzo, l’eco dei canti delle processioni sacre, dei passi dei vattienti sul selciato, il suono della risacca e il fragore dei macchinari montati a bordo delle navi rimorchiatrici su cui, da bambino, passava intere giornate con il padre, marinaio. Quella di Mai Mai Mai è oggi una delle più straordinarie proposte della musica d’avanguardia italiana – una avanguardia particolare, che ha il futuro come obiettivo del proprio viaggio e la tradizione come linguaggio e mezzo di trasporto. Per capire come ciò sia accaduto – per provare a tracciare il percorso di questa strana avanguardia emersa dalle macerie dell’Occidente tardocapitalista – ho chiesto a lui di raccontarmi la sua storia. Di ciò che mi ha detto, quello che segue è il resoconto, in parte fedele, in parte rielaborato – sì, siamo nel mito, e qui è il racconto che crea sé stesso. […]

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