The Men
The Men
di Antonio Ciarletta

Primo decennio del nuovo millennio: il rock è morto già da un pezzo, dicono i ben informati, ma gli Stati Uniti devono esserne ancora all'oscuro. A New York il mito dei Velvet Underground è più vivo che mai e la città continua a ribollire di degrado. Anche se la gentrificazione avanza in maniera inesorabile lo schifo non si è per nulla arrestato. Si è soltanto spostato dalle periferie ai quartieri dei ricchi. Nei club la droga scorre a fiumi, le puttane (anche quelle da quattro soldi) non battono più agli angoli delle strade ma in camere d'albergo super lussuose, e un serial killer chiamato “l’Indiano” scotenna i manager dell'alta finanza e poi invia i loro scalpi ancora grondanti di sangue, insieme a un contenitore pieno di sperma, alla redazione del New York Times. La crisi finanziaria è appena scoppiata ma ha già mietuto parecchie vittime. David Letterman è finito quasi in mutande. Il poco denaro rimastogli lo ha utilizzato per un repentino cambio di sesso. Gira voce che adesso campi di marchette. I giovani newyorkesi sono perennemente fuori di testa, la tensione è alle stelle. C'è il disperato bisogno di una svolta. Una valvola di sfogo sarebbe l'ideale. Qualcuno che metta in scena il degrado della città in maniera da esorcizzarlo. Così come è sempre accaduto. Le autorità politiche decidono di correre ai ripari. I consulenti del governo pensano a una soluzione. Passa ancora qualche giorno e viene dato incarico ai servizi segreti di agire. Gli agenti della CIA rapiscono tre musicisti sconosciuti che rispondono ai nomi di Nick Chiericozzi (voce e chitarra), Mark Perro (voce e chitarra) e Chris Hansell (voce e basso). Li incappucciano e li portano nel sotterraneo di un grattacielo sito nel distretto di Brooklyn. Ad attenderli un impianto stereo, alcuni strumenti musicali e uno zaino militare pieno zeppo di compact disc. Dopo averli istruiti a dovere, gli tolgono il cappuccio e gli dicono che dovranno rimanere lì sotto per otto settimane. Esattamente otto settimane, non una di meno. Durante la “prigionia” non se la passano granché bene. Gli viene dato cibo sufficiente per un solo pasto al giorno. Inoltre dormono pochissimo a causa di un guardiano sovrappeso che vede film porno dal mattino alla sera, tenendo il volume del televisore al massimo. In compenso possono avere tutta l'eroina di cui hanno bisogno. Nel corso delle prime quattro settimane si drogano come se ogni notte fosse l'ultima notte del mondo e ascoltano alcuni dei compact disc contenuti nello zaino. Fanno girare a ripetizione “Velvet Underground & Nico”, “Exterminating Angel” dei Dark Day, il primo disco dei Suicide, “Daydream Nation” dei Sonic Youth e “Total Destruction” degli Unsane. Trent'anni di rock newyorkese in salsa noise. Durante le successive quattro settimane si drogano anche di più, ascoltano il resto dei compact disc e suonano. L'idea di chi li ha messi lì è quella di creare in laboratorio la perfetta formazione noise-rock di New York. Una formazione che risulti più rumorosa degli Unsane e più intellettuale dei Sonic Youth. Al termine del periodo stabilito i tre ragazzi si esibiscono per la prima volta. Ad ascoltarli una decina di critici musicali ingaggiati dalla CIA per l'occasione. Già dalle primissime note alcuni di loro si accorgono che qualcosa è andato storto. Dannatamente storto. Altro che l'ormai educato e decodificabile noise newyorkese pensato dai cervelloni del governo: il suono non è per nulla addomesticato. Anzi risulta scorbutico e furioso. […]

…segue per 6 pagine nel numero 262 di Blow Up, in edicola a marzo 2020

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