The Orb
The Orb
di Christian Zingales

Crazy Diamonds
Alex Paterson, classe 1959, arriva alla creazione della sua gloriosa macchina orbiana dopo aver già messo insieme un paio di vite, rude roadie per i Killing Joke dal 1979 e dal 1986 A&R per la raffinata EG, storica maison delle discendenze roxyane come di approdi frippiani e penguineschi nonché dei Killing stessi, in un periodo in cui non mettevano sotto contratto nessuno (“ma Allah sia lodato che hanno detto, ok, ti diamo un lavoro, vai in giro e ci dici cosa succede”). Radici nella cultura punk londinese, cresciuto con un immaginario musicale tra dub, Eno, i Floyd, a un certo punto la post-disco e la prima house scoperte sui nastri dei Mastermix di Tony Humphries mandati direttamente da New York da Kris Needs, giornalista inglese e futuro produttore che allora aveva trovato asilo tossicomane nella città che non dorme mai. Nell’88 in piena summer of love, insieme a Youth, l’ex bassista dei Killing Joke, lancia l’etichetta house Wau! Mr. Modo. Nello stesso periodo con Jimmy Cauty, che aveva fatto il duo synth-pop Brilliant insieme a Youth, fonda gli Orb. La ragione sociale arriva dallo spassoso “Il dormiglione” di Woody Allen, 1973: nel film che si svolge nel 2173 “the orb” è il piccolo globo che sfregato tra le mani induce fattanza, esplicitando subito che se spaziale sarà l’immaginario a renderlo leggibile più di ogni altra cosa sarà la chiave comica, usata nel contesto sonoro come offensivissima arma psichedelica, chiave di accesso verso rutilanti porte della conoscenza, unguento mind expanding. Alex e Jimmy fanno dei DJ set all’Heaven, invitati da Paul Oakenfold che nel locale sta portando avanti la sua serata Land Of Oz, e lì supervisionano una sala chill-out chiamata “The White Room” dove suonano sparsi house beats sopra classici ambient come “Rainbow Dome Musick” di Steve Hillage e “E2-E4” di Manuel Gottsching. Nell’89 pubblicano prima The Kiss EP, un cut-up di Prepare To Energize dei Torch Song di William Orbit, un propulsore atomico come la traccia Tripping On Sunshine per la raccolta “Eternity Project One”, e poi spiazzano ogni aspettativa con A Huge Ever Growing Pulsating Brain That Rules From The Center Of The Ultraworld, sottotitolo Loving You, 18 minuti tagliati da una session di circa 25. Nei crediti mettono “ambient house for the E generation” e “produced by 2 fat italians”: in The Kiss EP erano “two fat belgians”, essendo quello tutto su onde post nu-beat e questo invece una roba con un campione soul da rapina come si usava da noi. Ma A Huge è un colosso che segna la storia dell’elettronica tout-court. Titolo preso da un suono di Elizabeth Parker su “BBC Sound Effects No. 26: Sci-Fi Sound Effects” che però non è usato, il pezzo è una jam al mixer dove è palpabile il feeling live e improvvisato. Dal vuoto entra questo riff di OBX oscillatorio, sorta di centrifuga spaziale, imperioso a dir poco, lambito dal vibrato del coro chiesastico della intro trevorhorniana di Slave To The Rhythm di Grace Jones, 1985. Gli elementi ruotano come in una giostra tra falcate di un’elica in panpottaggio e urti materici, i synth si contorcono puntando ellissi e spasmi, in una sinfonia-cattedrale che tutto fagocita, sorta di alitare divino, un buco nero dove improvvisamente si manifesta la figura dolcissima di Minnie Ripperton, Lovin’ You, 1974, ovvero soul dai paradisi: “Lovin’ you is easy 'cause you’re beautiful…”, fino all’acuto strappato. Poi l’oscurità torna ad appropriarsi del totale della scena, spaventa un canto di gallo, tutto sprofonda altissimo. […]

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