Aphex Twin
Aphex twin
Autore: Christian Zingales
 
PREZZO: 12,00€
Aphex Twin

Aphex Twin. The Music Maker
Director's Cut #16 (ottobre 2019) • 132 pagine b/n • 12,00 euro

L’outsider, il visionario della scena elettronica dei ’90 ascoltato anche da chi l’elettronica non l’aveva mai coperta, porta in dote un mondo che alterna ritmi techno abrasivi con urticanti connessioni industrial, panorami ambient tra il plumbeo terminale e l’insostenibile incanto, disegni sinfonici da fine del mondo, strani cortocircuiti sonori che puoi dire alienamente pop. Il tutto gestito con uno sguardo che può essere gelido, da impressionante demiurgo, così come generoso di una selvatica leggerezza, in un’altalena di pagine altissime e convulsi cazzeggi.

Christian Zingales, 1972, è nato a Cantù e vive a Como da sempre. Scrive su Blow Up dal 1998 e ha pubblicato diversi libri, "Electronica" (2002), "House Music" (2005), "Italiani brava gente" (2008), "Battiato On The Beach" (2010), "Techno" (2011), "Lucio Battisti - Luci-Oh" (2016), "Prince - The Jamie Starr Scenario" (2018), "Andrea Benedetti Mondo Techno - Christian Zingales Remix" (2018), "Smile - UK 88: The Second Summer Of Love" (2018).


[di seguito un estratto dal primo capitolo, "Surfing On AFX Waves"]

[...] Per sua ammissione la musica altrui lo stimola fino a un certo punto: “So che può sembrare arrogante, ma la musica che faccio è la mia favorita in assoluto. La preferisco rispetto a quella di chiunque altro”. La sua vera passione come ascoltatore è riscoprire suoi vecchi nastri dimenticati, crogiolarsi in un limbo autoriferito con un approccio che sconfina nella fase anale (tanto da eleggersi anal/analogicamente Analord in una sua memorabile saga), svelarsi a sé stesso attraverso una produzione vastissima il cui pubblicato è una minima parte di quanto inciso da decenni con slancio sempre felicemente ossessivo e compulsivo. Considerato poi che l’imprinting per i lati classicheggianti e ambient della sua musica scaturisce da un fattore naturalisticamente ambientale, l’essere cresciuto nella suggestione plumbea e ventosa della Cornovaglia, e che nel tempo ha maturato una conoscenza sommaria dei pionieri novecenteschi dell’elettronica, poi per capire motivazioni fisiche e teoriche del suono aphexiano è interessante vedere l’inclinazione di Richard per i suoni da club più essenziali, quasi una placenta da cui muovere per generare forme opposte, ultrastratificate e spesso ridondanti in modo psicotico, ma garantite idealmente dalla comprensione di quelle spartane reliquie di vecchia scuola. E quindi la musica da rave e l’hardcore così come la Chicago house originaria con l’acid in prima linea. E via via tutto ciò che si è espresso in maniera radicalmente spiccia e lineare e inaspettata come lui stesso ha ricordato: “Ascolto un sacco di techno dei primi ’90, sono piuttosto ossessionato da quella roba, mi piace sul serio perché è così cruda e basica e non complicata o piena di dettagli come le mie tracce. Il più di quei pezzi hanno solo tre cose che girano. E ho sempre amato per questo la jungle, penso che sia il genere definitivo perché chi la faceva non era musicista. I migliori artisti sono gente che non si considera artista, chi lo fa è di solito pretenzioso e noioso. Hanno impostato male le loro priorità, producono perché vogliono essere artisti e non perché gli piace farlo. E un sacco di produttori jungle facevano i meccanici o gli imbianchini, gente sul serio hardcore con cui non vorrei mettermi a discutere. Conoscevo gente così, ora penso che non esista più. Per un paio di anni vedevi che non sapevano cosa stavano facendo, usavano tutti questi samples fuori tono. Sono sempre alla caccia di quei dischi. Hanno questo ridicolo miscuglio di elementi che non vanno insieme l’uno con l’altro. Ovviamente dopo un paio di anni avevano imparato a fare accordi e tutto quanto, ma a quel punto i dischi non erano più interessanti”.
Fin dai primi tempi Aphex Twin significa una produzione ricchissima ma anche le esibizioni dal vivo, principalmente in live set, che nel tempo sono diventati un comodo e assai rimunerante playback di tracce sue e di altri, a metà tra live e pre-programmato DJ set da laptop. Le tracce altrui sono un campionario per tre quarti di roba distorta e abrasiva, un mondo hardcore di breakbeat violenti e urticanti scintille post-industrial tra vecchi classici e le ultimissime produzioni dei nuovi talenti underground che lui omaggia localmente, nel senso che se è in Italia suona roba di italiani e se è in Germania va coi tedeschi. Ma chi ha visto in passato James esibirsi in qualche raro DJ set puro o anche segue attentamente le scalette dei suoi live sa che è un fine estimatore di alcuni fiori ipnotici che ribadiscono poi il baricentro estatico della sua arte, siano cose old-skool come Emotion Electric di A Guy Called Gerald (“fa sempre cose meravigliose alla mia testa”, ha dichiarato) o The M Rules di MD Connection (un Mike Dunn d’annata che manda in flipper demenza i bleep di Acid Indigestion di Larry Heard nella sua guisa Gherkin Jerks, il pezzo di Dunn tratto da Tracks That Move Ya, su cui Rich: “ho comprato la prima copia a 30 sterline negli anni ’90 da un amico, una cifra che allora era come dire 100 sterline, mentre gli davo i soldi mi ha dato il disco guardandomi come dire ‘che idiota’ per aver pagato così tanto, e dentro di me pensavo ‘sì ma intanto ho questo disco incredibile mentre tu in mano hai solo dei pezzi di carta’), o anche tracce recenti come Orca dei Bicep, che ha usato come devastante assetto di set. [...]

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