Beatlemania!
Beatlemania!
Autore: Luca Majer
 
PREZZO: 12,00€
Beatlemania!

Beatlemania! 1029 giorni di controllata follia
Director's Cut #17 (gennaio 2020) • 132 pagine b/n • 12,00 euro

Il periodo tra il 28 ottobre 1963 e il 22 agosto 1966 mutò per sempre il concetto di “cantante di musica leggera”. La Beatlemania travolse prima l'Inghilterra, poi il mondo intero per ri-definire il significato profondo della musica pop. I Beatles furono le prime “stelle globali” e non solo: dettavano la moda, erano un’incredibile macchina economica e divennero pure il simbolo del Regno Unito nel mondo. Fu la loro bravura a condurli al successo globale? Oppure perché nati al posto giusto nel momento giusto? Diventarono MBE (baronetti) perché c'era MBE (cioè Mr Brian Epstein)? O perché una serie di differenti “tribù economiche” erano co-interessate al loro lancio? Questo libro parte dalla storia schiavista di Liverpool per arrivare al caso Profumo, via Rory Storm e Lord Woodbine, la Fleet Army di George Martin e le meme wars degli Ottanta, così da fornire possibili ipotesi in risposta a queste complesse domande.

Luca Majer vive e vegetallumina. Ha studiato, ha preso la Laura, ha fatto e scritto di musica dal 1978; ha procreato, è nonno e ascolta il jazz, la trap europea e quella brasiliana, oltre ad amare il qawaali. Ha co-scritto con Al Aprile (1960-1990) La musica rock-progressiva europea (1980, ripubblicato nel 2008.) Ha pure pubblicato Matita emostatica (2011), storia partigiana di 50 anni di pop, blues, rock (include CD!). Collabora alla rivista musicale BlowUp, è etero, tendenzialmente crudista, vota DC da sempre e parla correntemente l’italiano. Riceve i Sigg. Lettori ogni Lun. dalle 9.15 alle 10.15, astenersi perditempo.


[di seguito un estratto dal primo capitolo, "Da Livpul a Omaha]

[...] Q: «Why do you sing like Americans and talk like Englishmen?»
John Lennon: «It sells better.»

Il centro della riscossa sonora inglese dagli anni 1950, Liverpool, era una città con alle spalle una storia di affari, angoscie e speranze di massa fuori dal comune. Il tutto era iniziato da una situazione geografica, nel nord dell’Inghilterra orientale, sull’estuario del fiume Mersey, sponda settentrionale: si rivelerà propizia ai trasporti marittimi, eppure ignorata dagli autoctoni dei tempi antichi, il cui porto di riferimento - così ci riporta Tolomeo - era più a nord, vicino all’attuale cittadina di Fleetwood, ora giusto nota come patria delle mentine Fisherman’s Friend. Quando arrivarono i romani battezzarono quel porto Portus Setantiorum ma il loro principale insediamento preferirono crearlo all’interno: a Chester, trenta chilometri a sud-est dell’attuale Liverpool. In Italia noi ci ricordiamo ancora con piacere i successi della “brand” SPQR in quella terra di barbari britanni. E usiamo ancora la parola “briganti” con la quale designarono una delle popolazioni celte localizzate a nord del Mersey. Un nome appioppato loro dai Romani presumibilmente[1] per via del loro essere facili ad attaccar «rissa, lite, controversia, travaglio, fastidio, noia.» Una fama che in qualche modo resistette sino ai tempi dei Beatles: uomini tutti d’un pezzo o pure d’un pezzo e mezzo. Sugli usi e costumi di codesta curiosa risma di briganti venne in aiuto Giulio Cesare che nel De Bello Gallico ne parlò come dei poligami incestuosi usi alle vie anagrafiche spiccie, se necessario:

«Hanno le donne in comune, vivendo in gruppi di dieci o dodici, soprattutto fratelli con fratelli e genitori con figli: se nascono dei bambini, sono considerati figli dell’uomo che per primo si è unito alla donna.»

Per avere traccia di un villaggio nella zona che a noi interessa bisogna attendere fino alla fine del XII sec., con la prima apparizione del nome Liuerpul (poi Livpul e Lerpoole.) L’etimologia lo deriva da “pozza di acqua stagnante” e dà un’idea sul perché di un così modesto sviluppo sino ad allora. Nel 1207 re Giovanni d’Inghilterra (per creare un contraltare portuale che fosse slegato dal potente Conte di Chester) con una lettera patente fonda il borgo di Livpul. L’idea non avrà gambe lunghe: il paesino (sette strade e una manciata di famiglie) fino al XVI sec. conterà meno di mille anime e - nonostante il piccolo porto assicuri pesca e scambi mercantili con l’Irlanda, vicina circa 120 miglia nautiche - il villaggio resta insignificante e sotto l’influenza della Contea di Chester.
Tutto ciò detto non per ripassar la storia, ma perché appaia chiaro che Liverpool (la “sorgente del fegato”?!) e i suoi Briganti “esistette” solo successivamente. Anzi, solo in concomitanza con la ripresa economica avvenuta nel XVII secolo grazie alla spinta data dalle Colonie. Un segnale fu, nel 1644, “l’assedio di Liverpool” ad opera del “comandante della cavalleria dell’esercito realista”, il nobile faccendiere Rupert del Palatinato (1619-1683), discendente di una dozzina di Re e pure duca di Baviera. Uno che si rese noto - sangue blu non mente! - come bucaniere nei Caraibi, dopo aver già piratato navi genovesi e spagnole nel Mediterraneo. Quanto alla sua sortita al Castello di Liverpool finì che lo mise a ferro e fuoco, rubò oro e tesori annessi che seppellì da qualche parte - come in una “Fargo” ante-litteram ad Everton - e... risultano tutt’ora dispersi. Ancorché pirata, “Prince Rupert” è ricordato oggi nei nomi di dozzine di strade e località e pure in una canzone di “Lizard” dei King Crimson. [Divagando un istante, il più significativo - e bizzarro - apporto storico di Prince Rupert fu quello di trasmettere a re Carlo II alcune gocce di vetro raffreddate in acqua che dimostravano una peculiare qualità: prese a martellate era impossibile romperle, se per caso però veniva tagliato il sottile filo di vetro opposto al bulbo, esplodevano in mille pezzi; il “Prince Rupert’s drops mistery” - ovvero il mistero dell’algoritmo che legava le molecole con differenti tensioni dovute al subitaneo raffreddamento della pelle esterna della goccia - è stato scoperto finalmente solo nel XXI secolo.] [...]
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