Musical! Sex!
Musical! sex!
Autore: Pier Maria Bocchi
 
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Musical! Sex!

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"Musical! Sex!: La rappresentazione dei sessi nel Musical hollywoodiano" / di Pier Maria Bocchi
Non una storia del cinema musical. Né i migliori film musical di tutti i tempi. Solo uno sguardo smaliziato sul modo con cui il cinema musical di Hollywood ha letteralmente messo in scena l'uomo e la donna (con relativi travestimenti e trasformazioni) nel corso degli anni, delle società, delle culture, delle mode. Per capire che i sessi (quando non addirittura il sesso) ne rappresentano da sempre cuore e sangue; e che anche quando indossano una maschera, si rivelano sempre e comunque specchi privilegiati della realtà che il Musical stesso intende promuovere.
“I Libri di Harry #12 • 96 p., illustrato, interamente a colori

Pier Maria Bocchi è critico cinematografico. Collabora con le riviste “Cineforum” e “Blow Up”. Ha scritto per “FilmTv”, “Nocturno”, “Panoramiche”, “Brancaleone”, “Segnocinema”, per la “Storia del Cinema Italiano” della Scuola Nazionale di Cinema e per numerosi testi collettivi. Tra le sue pubblicazioni, Michael Mann /(Il Castoro), Mauro Bolognini (con Alberto Pezzotta, Il Castoro), Mondo Queer - Cinema e militanza gay (Lindau), Guy Maddin (Bergamo Film Meeting), Agustí Villaronga (Bergamo Film Meeting), Jim Jarmusch - American Samurai (Centro Espressioni Cinematografiche Cinemazero), Claire Denis (con Luca Malavasi, Bergamo Film Meeting). È collaboratore del dizionario dei film “Il Mereghetti”. Ha curato le interviste e le ricerche per il documentario Made in Hong Kong. Dal 2007 fa parte del comitato di selezione del Torino Film Festival.


[dall'Introduzione]:
All talking, all singing, all dancing. Ha ragione Rick Altman: «Per mezzo secolo i film musical hanno svolto un ruolo fondamentale nello stabilizzare la società statunitense (e nel rappresentare gli Stati Uniti all’estero)». Quando si parla di Musical (e la differenza con il cinema musicale è quasi esclusivamente diegetica), si parla di Hollywood, almeno per ciò che riguarda la semantica e la sintassi. Il Musical là nasce e là si forgia come genere. E come ogni genere va incontro a evoluzioni e contaminazioni nel corso del tempo. Tra le varie contaminazioni, c’è anche quella geo-culturale: con gli anni il Musical diventa patrimonio di ogni cinematografia, di ogni mercato, di ogni panorama spettatoriale, che ne assorbono le regole in maniera da poterle seguire o disattendere. Dall’Inghilterra all’India, compresa l’Italia, i film musical subiscono impennate e declini a seconda della società, del gusto del pubblico, dell’aria culturale.
Se è fuori discussione che buona parte dei meccanismi del Musical in quanto genere cinematografico derivi dalla commedia (da cui non si può prescindere in un’analisi storico-teorica), e che esso si sottometta a rivoluzioni e manomissioni di pari passo ai cambiamenti del sociale (come d’altronde tutti i generi), è sacrosanto che il cinema musical hollywoodiano sia dapprincipio lo specchio di una proposta culturale egemone. Continua Altman: «Sostenendo apertamente convenzioni sociali conservatrici (dagli stereotipi maschili e femminili alla separazione razziale, dall’inibizione sessuale a una predilezione quasi omofobica per l’eterosessualità), il Musical offre per ogni problema un’unica soluzione: l’amore e la comunità. Se il Musical talvolta asseconda temporaneamente il desiderio trasgressivo di un’unione contro i valori comuni (trattando spesso di adulteri, senza riguardo per le differenze d’età, religione, etnia o razza), in ultima analisi distoglie l’attenzione dai problemi culturali sottostanti per concentrarsi sulle difficoltà amorose facilmente risolvibili della coppia protagonista». E nonostante ci sia chi sostiene che il genere sia più stratificato e complesso della superficie che dà a vedere, lo spessore degli intrecci dei film musical classici si risolve generalmente in uno scontro lieve tra un uomo e una donna: che all’inizio non possono stare (ballare) insieme, e alla fine, dopo vicissitudini e battibecchi da gossip, danzano all’unisono celebrando la bellezza della vita e la conquista dell’amore. Il Musical rappresenta per anni la panacea per spettatori che a casa soffrono le pene di un’esistenza grama, mentre in sala possono liberare la testa e riassaporare i veri valori della felicità.
È negli anni ’60 che il Musical vede un cambiamento di “lettura” improvviso e forse inaspettato. Con la coscienza giovanile e la controcultura, «film che non avevano mai suscitato reazioni improvvisamente vengono contestati ogni volta che l’eroe dà per scontata l’eroina, che la protagonista non riesce a difendere i propri diritti o che uno dei due partner semplicemente pensa che l’amore e il matrimonio siano gli unici valori». Il ruolo della canzone e della musica tout court acquista uno spessore sociale e politico finora impensabile; il Musical cambia pelle, e cambia lo sguardo del pubblico: che diventa consapevole di altre necessità, vuole promuovere realtà diverse, scopre indispensabile tenersi alla larga dal pensiero comune e dominante. Non soltanto il genere subisce un mutamento irreversibile: a modificarsi – arricchendosi – è il modo di guardare e di “capire” i film musical del passato. I dettagli, le suggestioni, le ipotesi, anche quando di fantasia, diventano indispensabili al piacere della visione e alla (ri)sistemazione critica del genere. A nascere, tra femminismo, contestazione e free love, sono le teorie del gender e gli studi fondati su una base “minoritaria” (di sesso, di razza, di gender, appunto).
Il festival-concerto di Woodstock si svolge a Bethel, nello stato di New York, dal 15 al 18 agosto 1969: il Musical si fa “situazionista” e cambia per sempre, e negli anni ’70 trova la consacrazione come genere cosmopolita perfetto (assieme all’horror) per la predilezione di tutto ciò che fa controcultura. Da esso e con esso si guarda a ribaltare le convenzioni, a “fare pubblicità” alle divergenze, a rendere finalmente vincitori coloro che per decenni sono stati soltanto vinti. La rivoluzione passa anche attraverso il Musical, sul palco, per strada, davanti a un microfono. Improvvisamente a essere essenziali nel genere non sono più un uomo, una donna e il loro incontro: la coppia si apre ad altri fattori, altre anime, altre sensazioni. Il genere non è più quello di una volta perché la società non ne ha più bisogno. Ha bisogno d’altro, e il Musical, tra le altre cose, s’incarica del compito.
Dagli anni ’80 in poi, tranne alcune eccezioni, il Musical flette la sua spinta propulsiva (e propositiva), tornando un po’ indietro nonostante un’iconografia aggiornata ai tempi. Ne riparleremo. Ma ciò che resta costante, attraverso le epoche e le società, le trasformazioni e le sintassi, è il carattere principalmente sessuale del genere. Da Fred Astaire e Ginger Rogers a Mamma mia!, il ballo e il canto dei film musical (con eventuali e relativi “maschera” e trucco, e in questo caso con un surplus valoriale) sono strumenti per confermare e contemporaneamente “far slittare” (quindi dire di più, dire altro, elaborazioni “di make-up” per poter operare ciò che il più delle volte non è possibile altrimenti, vuoi per la censura, vuoi per il sistema, vuoi per il bon-ton) i ruoli sessuali messi in scena.
Alternativamente tradizionalista e dissacratore, il sesso del Musical indica un’appartenenza ed è simbolo di una battaglia: dà a vedere di essere parte di una società (egemone o minoritaria), e si incarica di portare avanti la lotta contro la supremazia dei parametri dominanti e a favore dello sradicamento e della “fuoriuscita” dell’underground (i giovani, le donne, i gay, le lesbiche, i neri, i poveri etc.). Nato come genere principalmente conservatore (tanto da indurre molti studiosi a definirlo come la forma cinematografica hollywoodiana più eterosessista in assoluto: Patricia Mellencamp afferma che il Musical celebra «il rituale della ri-creazione/procreazione della coppia privilegiata eterosessuale»), in seguito diventa uno dei generi di liberazione e di progressismo ideologici prediletti sia dall’entourage, sia dalla “gente di strada”. In entrambi i casi, comunque, sono i ruoli sessuali a farla da padroni.
Il Musical è il genere sessuale per antonomasia (avvicinabile in questo soltanto dal western), quello che permette più di ogni altro letture multiple e mai inopportune; quello che inscena un’ipotetica petizione di principio con evidenza incontestabile. Stephen Heath, parlando di “eccessi filmici”, sostiene che il Musical è «un esempio ovvio ed estremo di eccesso con la sua sistematica “libertà” di spazio». E Brett Farmer, riferendosi al Musical hollywoodiano, aggiunge che esso «offre un raggio d’azione senza precedenti per l’elaborazione di alcune tra le dimensioni di senso filmico più eterogenee». Gli eccessi e le dimensioni di senso servono al Musical per praticare i sessi, che vengono proposti indistintamente con un ballo in vestito da sera o in guepière, e cantando i sentimenti più vari (anche tragici). Gli uomini e le donne trovano allora nel Musical la possibilità di raccontarsi secondo l’assortimento più vasto della natura sessuale. Non c’entrano i gusti, c’entrano le due maniere di essere, quella pretesa dalla persona e quella avanzata dall’establishment: difficilmente coincidono, ma entrambe restano ad ogni modo palcoscenici privilegiati per capire l’evoluzione dei ruoli e lo stato delle cose che li riguarda. [...]
Tag: Musical! Sex!
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