TECHNO
Techno
Autore: Christian Zingales
 
PREZZO: 20,00€
TECHNO

"Techno: storia, dischi, protagonisti" / di Christian Zingales
Detroit, New York, Belgio, UK, Italia, Olanda, Germania, Chicago, Francia, Giappone, Austria, Scandinavia, Altra America, tredici capitoli per ripercorrere dischi, storia e nomi della techno. Nata nella Detroit afroamericana a metà ’80 con un pioniere come Juan Atkins, sintesi tra il funk nero e l’electro europea tanto da essere mirabilmente fotografata nella definizione di un altro primattore detroitiano, Derrick May, che la descrisse “come George Clinton e i Kraftwerk chiusi in un ascensore”, la techno raggiunge il suo apice espressivo dieci anni dopo, a metà ’90, con le rivoluzioni minimalistiche di produttori come Jeff Mills e Robert Hood, sempre detroitiani, e i dischi della berlinese Basic Channel. È un decennio in cui il genere si diffonde in ogni angolo del mondo vivendo mille declinazioni differenti, dal rave all’hardcore, dal bleep sound all’idm, dal nu-beat all’acid-techno. E se quello che nasce a Detroit è un linguaggio utopistico che disegna il vertiginoso picco di un secolo di evoluzioni della musica e della cultura black, la techno nelle altre applicazioni sarà più prosaica o descrittiva o puramente clubbistica o invece intimistica, ma sempre l’inaspettato e ultimo furore espressivo di un Novecento che con l’accelerazione tecnologica cambiava i codici del DNA umano. Dagli ultimi ’90 in avanti rimarrà la techno come genere ma verrà meno la forza brutale e visionaria del linguaggio che traghettava a un ventunesimo secolo iniziato senza senso della prospettiva. “Techno” è un viaggio nelle lande sconfinate di quella rivoluzione sonora, per rintracciare pietre miliari, culti e zone oscure, e allo stesso tempo respirare il sapore di quel cambio di tempo in cui il concetto di futuro usciva dalla Storia.
"I Libri di Harry #15" • 408 pagine b/n • 20,00 euro


Christian Zingales è nato a Cantù (Co) nel 1972. È giornalista musicale dal 1992 e dal 1998 scrive su Blow Up, rivista per cui si occupa del coordinamento redazionale. Collabora con XL, il mensile musicale di Repubblica. Nel 2002 ha pubblicato “Electronica” (Giunti), nel 2003 è stato tra i coordinatori e i collaboratori di “Rock e altre contaminazioni: 600 album fondamentali”, nel 2005 ha pubblicato “House Music 1985-2005” e nel 2008 “Italiani Brava Gente”, tutti per Tuttle Edizioni, e nel 2010 "Battiato On The Beach" (Arcana).


[dall'Introduzione:]
[...] Se si guardano le cose da un punto di vista squisitamente sonoro c’è uno snodo improvvisamente, quando, sul limitare di quella zona in cui la Storia gioca a scomparire, il tempo è come se non fosse mai stato e il futuro consuma il suo scenografico carico di promesse, un attimo prima che questo succeda, appare una macchina lanciata su una sua autostrada personale. Una macchina che sovrappone opposti in modo inedito, le oscure energie dell’elettronica novecentesca bianca e il pensiero accademico che la circondava con la semplificazione comunicativa dello spettacolo pop, l’epica dell'uomo-macchina con un romantico palpitare di aliti divini, le ritmiche meccaniche a evocare la società post-industriale così come la primitività percussiva africana. Si chiamano Kraftwerk, sono bianchi e vengono dalla Germania. [...]
    [...] A maggior ragione è importante perdersi nel suono delle infinite meraviglie regalate dall’epopea techno. In questo libro si è cercato di tracciare una linea guida il più possibile esaustiva con tutto lo spettro delle declinazioni stilistiche e geografiche, senza perdere mai il faro rappresentato dall’imprinting detroitiano. Per questo troverete esponenti degli innesti più diversi, dal new beat belga al bleep sound inglese passando per l’hardcore europeo e americano, l’acid-techno o le zone più determinanti di quel filone orribilmente battezzato idm (“intelligent dance music”), ma in un contesto sempre centralmente techno, senza dare troppo spazio a disamine dei sottogeneri, che sarebbero state prima di tutto fuorvianti. Quello che ci premeva era far risaltare finalmente nomi e dischi, in una ricostruzione storica che non poteva che essere enciclopedica, e se questo è bibliograficamente un lavoro inedito, non è stata una scelta di strategia metodologica ma un naturale modus operandi. Pensiamo che per ricostruire l’essenza di una storia musicale non ce la si possa cavare con una blanda pennellata di sociologia e qualche nome in neretto, ma sia necessario immergersi nello stesso respiro di chi quella musica l’ha prodotta, cercando di fare proprio e poi di chi legge ogni tassello di quel percorso, ogni singolo pezzo. Non storicismo ma Storia quindi. La sociologia è una retorica di comodo che ha imbrigliato la techno in uno zoo museale comodo da gestire. Un approccio inevitabilmente laterale, che ha trovato magari valide applicazioni, come nel volume “Techno Rebels: The Renegades of Electronic Funk” di Dan Sicko (appunto poi esitante nel distinguere techno da tutto ciò che non è techno, ovvero house, crossover tra elettronica e rock, jungle), e che invece in “Generation Ecstasy” di Simon Reynolds - una eccellente disamina della cultura rave inglese e dell’uso di droghe ad essa correlata - ha ingenerato equivoci che hanno figliato un evitabile filone italiano. Quello di Reynolds era un libro che non aveva niente a che fare con storia e senso della techno, a partire dalla trattazione localistica e di sottogenere, e dalla droga, che è un corredo e non un sine qua non per la techno come per ogni tipo di musica, cosa che se si guarda alla scena di Detroit dove la techno nasce, praticamente ai limiti dello “straight edge”, assume un effetto paradossale. Perché un libro sulla cultura mod e l’uso di anfetamina non sarebbe stato scambiato per una storia del rock, e invece quello di Reynolds è sembrato essere un lasciapassare verso la conoscenza della techno? Perché funzionale non tanto all’approccio usa e getta dei frequentatori generici, con o senza pastiglia, dei club, ma peggio ancora a chi, più abituato a dover analizzare la cosa musicale, ha avuto buon gioco a trattare la techno da fenomeno culturale in quanto incapace di riconoscerne la deflagrante portata sonica. Proprio per questo abbiamo preferito non inserire la bibliografia di riferimento, che si sarebbe limitata a un solo titolo, “Mondo Techno” di Andrea Benedetti, un libro esperienziale fatto da uno che ha vissuto il genere dal di dentro. Entrate davvero nelle poetiche di questi produttori e non avrete difficoltà a cogliere la forza di questa musica, anche se venite da contesti apparentemente lontani. [...]
     [...] Infine quello che lascia a noi questo libro. Ripercorrendo il variabile spettro di intensità con cui negli ultimi anni, fuori dalla Storia e dalla sua storia, il fuoco della techno è stato tenuto in vita da qualche rappresentante dell’old-skool ma anche da nuovi artisti come Mathew Jonson e Matthew Dear aka Audion, gli occhi sono finiti oltre quel precipizio senza approdo in cui, anche al di là della musica, viviamo, a intravedere un nuovo mondo, la certezza che il senso della missione verso la frontiera finale non sarà perso, perché a ogni fine prima o poi segue sempre un inizio. La speranza è che “Techno” contribuisca a illuminare l’opera vibrante di centinaia e centinaia di uomini che, come i grandi del jazz, hanno saputo cantare uno snodo temporale tra i più dolorosi e affascinanti della nostra contemporaneità. [...]
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