Neomelodici napoletani
Neomelodici napoletani
di Luca Majer

[nell’immagine: Nello Amato in “Rispetto e libertà”]

I criminali sono al potere.
Chris Hedges, Seattle Town Hall (8 giugno 2016)

I Persiani, gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco (...) A quelli che vogliono condannare a una morte vergognosa perforano l’ombelico, strappano i genitali, li legano a un palo e, percuotendoli con sferze, li conducono in giro, sinché, con le viscere strappate, cadono a terra prostrati (...) Si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del santo Sepolcro (...) Gerusalemme (...) anela ad essere liberata.
Papa Urbano II, Clermont, esortazione alla Prima Crociata (1095 d.C.)

Arrivati in spiaggia cerchiamo un ombrellone, ma sono stati tutti già prenotati, così il bagnino ci suggerisce di metterci anche sul bagnasciuga davanti al suo lido, sconsigliandoci vivamente la spiaggia libera essendo, cito le testuali parole, ‘piena di mao mao’. Ora, io credevo che solo noi SNOB campani, chiamassimo i campani un po’ truzzi Mao MAO… scoprire che è l’appellativo attribuito loro anche da un bagnino pugliese (abbastanza truzzo anche lui) fa vacillare tutto il mio sistema snobistico…e mi chiedo: ma il mao mao, ovvero il truzzo, sa di venir chiamato Mao Mao? Questa consapevolezza potrebbe renderlo meno mao-mao?

Ioly7.wordpress.com (2012)

Si è sempre i meridionali di qualcuno. Ed è un guaio, perché vuol dire che chi stila graduatorie finisce in quelle di altri.
Pino Aprile, “Terroni” (2011)


[Premessa per i lettori: prendete quest’articolo semplicemente come uno sguardo (limitato e a distanza) di un “non addetto ai lavori” su di una scena musicale incandescente eppur liminale che ormai da trent’anni vive e ben vegeta, maltrattata dai MDM, i Media di Distruzione di Massa.]


GIUSEPPE AIELLO non è necessariamente un critico musicale. Tra i tanti lavori ha fatto anche il micropaleontologo. E cura pure una casa editrice che si chiama Candilita, dal nome di una minuscola formica che “è veramente il microcosmo della cattiveria, la ferocia puntualizzata”. Una bestiolina che, mentre preparavo quest’articolo, ho incontrato a Vendicari, a sud di Siracusa, essendomi addentrato - distrattamente a schiena nuda - su per un fico. Dopo ingloriosa ritirata e doccia bollente, ne trovai soltanto una di ‘ste maledette, ma i suoi effetti erano stati quelli descritti in www.Candilita.it: “un pizzicore tra prurito e dolore cocente, che non lascia più pace” culminante in “una vera e propria smania nervosa che ci porta a maledire la foresta, il fiume, le formiche e noi stessi”. Quale bella metafora di uno spirito rivoluzionario.
Dobbiamo proprio a Peppe il termine neomelodico: coniato ‘per caso’ (e poi da tutti utilizzato) per definire una musica che - ci hanno detto - dobbiamo rifuggire al pari di una candilita. Anche se chiunque, informato e dotato di normale spirito critico, non può che chiedersi: epperché? Vista dalla Lombardia questa cronaca a senso unico sembrerebbe legata al fatto che la cantata pop in napoletano risulta fastidiosa a chi non la capisce. Che strano dialetto! fatto d’assimilazioni (ammasciat non ambasciata), pleonasmi (songo invece di sono), aferesi (rasc’ invece di brace), betacismi (varv non barba), metatesi (crap non capra) per tacere di quelle p che diventano k (kiang’ - da piangere) o le vocali finali che tendono a confluire in un suono pastoso e indistinto - se mai vi arrivano. Grazie a ciò il dialetto napoletano vola sulle note assai più musicale rispetto all’italiano, al punto che ricorda, per scioltezza sonora, il portoghese cantato dai brasiliani e - nel contempo, per via della sua concisione spesso monosillabica - è un’ottima alternativa all’inglese, la lingua franca (della mass-music) neo-liberista. Nel ‘puro’ nord questa pastosità sonora è... Beh, usiamo pure la T-parola: roba da terroni. Negli spazi mentali di molti settentrionali il napoletano sembra un italiano grottesco letto da ignoranti; questo almeno per coloro i quali - togliendo ai campani ogni dignità - son convinti che inaspettate raffinatezze linguistiche si celino invece dietro la potta o negli schèi. […]

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