Breathless
Breathless
di Paolo Bertoni

[nell'immagine: Breathless, foto di Dave Proud]

A scuola, durante la ricreazione, diligenti, si scambiano cassette e pianificano con cura gli acquisti per non comprare gli stessi vinili. L’amicizia tra Dominic Appleton e Gary Mundy non viene incrinata dalle maligne fascinazioni che inducono il secondo, sin dall’82, ad impegnarsi in Ramleh e a fondare Broken Flag, una delle etichette di maggior peso dell’area industrial. Con fervore segue l’esempio di William Bennett, che, passando da Come, con Whitehouse sparge distruzione, tra efferatezze sonore e riferimenti malsani, scia che Mundy afferra senza tentennamenti, con la seconda K7 di Ramleh, nonché la prima della sua etichetta, “31/5/1962-1982”, che vuole provocatoriamente essere interpretata come un tributo, a vent’anni dalla sua esecuzione, al criminale di guerra Adolf Eichmann. Nello stesso anno in cui Gary inizia a dedicarsi alle descritte malefatte, con Dominic fa da spalla in “The Sitting Room”, acerbo debutto di Anne Clark, Mundy a chitarra ed effetti, ma anche alla voce in All To Have To Be Thankful For, Appleton alle tastiere. Per la formazione di Breathless, come figura catalizzatrice, è ancor più rilevante però Ari Neufeld. Conosce Dominic al Virgin Megastore di Oxford Street, dove presto diventano colleghi, lo recluta per suonare le tastiere in uno dei gruppi senza futuro in cui è impegnata al basso. Cominciano a provare da soli, l’onere di completare una line-up con chitarra e batteria viene diviso equamente. Appleton suggerisce ovviamente Gary, che contrariamente ad altri, Bennett compreso, si serve del rumore ma sa suonare, mentre è Ari a coinvolgere Tristram Latimer Sayer che rimpiazza la drum machine. Dominic non ha mai cantato, ma sono evidenti le sue capacità, inoltre rende un difetto di pronuncia una peculiarità che aumenta la riconoscibilità del gruppo, che già sarà marcata nella sua ideale sintesi tra matrice post-punk e influssi Pink Floyd. […]

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