Depeche Mode 2
Depeche Mode 2
di Christian Zingales

[nell'immagine: Depeche Mode, foto di Anton Corbijn]

La prima segnaletica è in un singolo perfetto come non ne facevano da tempo, Ghosts Again. In una chirurgica giostra chiaroscurale, colpiscono le parole, anche quelle da tempo mai così calibrate ed essenziali: “Sentimenti sprecati/ significati infranti/ il tempo è fugace/ guarda cosa porta con sé/ i ciao, gli arrivederci, le mille notti perse in ninne nanne insonni”, e con la leggerezza che solo le cose serie impongono, come un amaro balsamo, la consapevolezza gettata nell’accattivante inciso: “Il paradiso sogna pensieri sconsiderati, amici miei/ sappiamo che saremo di nuovo fantasmi”. Prima che riprenda tutto il canovaccio di considerazioni tra sé e sé, dove le due parti sono incarnate dalla band e dal suo riflesso in ascolto, l’umanità che la ha resa una corazzata della musica degli ultimi decenni. “Domeniche splendenti/ fodere d’argento/ ore senza peso/ tutti i miei fiori/ un posto dove nascondere le lacrime che hai pianto/ tutti dicono addio/ la fede sta dormendo”. Perché: “Amanti alla fine sussurrano ‘saremo di nuovo fantasmi’”. La canzone sigilla musicalmente, in un calibratissimo numero pop con qualche risonanza neworderiana, una della caratteristiche del DM sound, l’impasto armonico tra buio e luce, tanto che Gahan e Martin Gore, l’yin e yang della band, commentano all’unisono la cosa come mettendola a fuoco per la prima volta in maniera così vivida, il primo parlando di “perfetto bilanciamento di malinconia e gioia”, il secondo di un meccanismo capace di affiancare “tristezza e conforto”, e rimarcando come raramente si siano trovati durante le sessions di registrazione di un disco davanti a una canzone che non li stancasse mai, anche dopo gli infiniti, obbligati ascolti della lavorazione.
Il video di Anton Corbijn cita “Il settimo sigillo”, il capolavoro di Ingmar Bergman del 1957, con Dave e Martin che rimettono in scena la leggendaria partita a scacchi con la morte, e aggiunte carrellate di Dave che arranca strisciando in un cimitero: “Se me l’avesse chiesto un altro regista francamente avrei declinato l’invito ma venendo da Anton ho dovuto eseguire, cercando di assumere la postura giusta!”. La canzone fa da traino all’album “Memento Mori”, il cui making è stato inaugurato in modo beffardo dalla morte per infarto del tastierista Andrew Fletcher aka Fletch, l’ultimo membro originale rimasto oltre Dave e Martin. E nonostante questo: “Ghosts Again vuole essere un invito ad accettare la vita e quindi anche la morte, e ‘Memento Mori’ non è una minaccia ma un invito ad essere la miglior parte di noi durante la nostra vita”. L’idea del titolo viene da Martin: “Non conoscevo il detto latino fino a qualche anno fa, e mi ha colpito. Il significato che gli attribuisco e che abbiamo deciso di usare come titolo dell’album non è affatto negativo, è piuttosto uno sprone a vivere la propria vita al massimo”. […]

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