Pretty Things
Pretty Things
di Roberto Calabṛ

Se Dick Taylor fosse rimasto al suo posto nella prima embrionale formazione dei Rolling Stones, quella che debuttò al Marquee di Oxford Street il 12 luglio 1962, forse oggi non staremmo qui a raccontare la vicenda dei Pretty Things. Tutti noi però sappiamo che le storie del rock abbondano di “se” e di “ma” e si incrociano come delle sliding doors: rimarremo quindi con il dubbio. Non ci resta che riavvolgere il nastro e tornare indietro di sessant’anni quando Richard Clifford Taylor, nato e cresciuto nel sobborgo londinese di Dartford, conosce nella sua cittadina due coetanei che condividono con lui l’identica passione per il rhythm and blues. Rispondono ai nomi di Keith Richards e Michael Philip Jagger. Amici da bambini, i due si erano poi persi di vista. Si incontrano nuovamente alla locale stazione ferroviaria quando, in attesa del treno per Londra, il primo adocchia i dischi di importazione che il secondo porta sottobraccio, “Rockin’ At The Hops” di Chuck Berry e “The Best of Muddy Waters” del quale Keith aveva solo sentito parlare e non vede l’ora di poter ascoltare. Assieme a loro due e a un paio di altri amici, Allen Etherington e Bob Beckwith, Taylor forma un gruppetto chiamato Little Boy Blue and The Blue Boys. Insieme trascorrono i pomeriggi ad ascoltare dischi e provare i classici di Chuck Berry, oltre a qualche classico blues. Quando le strade dei primi tre collidono con quelle del pianista Ian Stewart e del chitarrista Brian Jones, che in quel periodo si fa chiamare Elmo Lewis, nascono i Rolling Stones. Dick, un po’ controvoglia, passa al basso per lasciare a Jones il posto di principale chitarrista e rimane in formazione ancora per cinque mesi. Poi, tra l’insoddisfazione per un ruolo che non sente suo e l’ammissione come studente alla Central School of Art and Design, preferisce abbandonare il gruppo. Non se ne pentirà. Intervistato da chi scrive per “Repubblica” in occasione del cinquantennale dei Pretty Things, non ha remore a dichiarare: «Penso che avrei detestato vivere nella gabbia dorata della fama come gli Stones. Alla fine dei nostri concerti amo potermi intrattenere con i fan. Certo, un po' di soldi in più non mi sarebbero dispiaciuti, ma sono contentissimo della mia vita». In quel momento, però, non pensa alla carriera da musicista, anzi non pensa proprio a salire nuovamente su un palco. …[…]

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