Quentin Tarantino book
Quentin Tarantino book
di Roberto Curti

A trent’anni dall’esordio nel lungometraggio Le iene (trentuno per il lettore italiano), il primo libro di critica cinematografica di Quentin Tarantino, in uscita da noi per i tipi di La Nave di Teseo con traduzione di Alberto Pezzotta, non è solo un evento letterario, ma un punto d’arrivo. Che per certi versi segna la quadratura del cerchio: se alcuni dei più celebrati cineasti francesi del dopoguerra (Godard, Truffaut, Rivette, Rohmer, Chabrol...) avevano mosso i primi passi dall’altra parte della barricata, mettendo nero su bianco le loro passioni e idiosincrasie sulle pagine di quei “Cahiers du cinéma” che avevano fatto della politique des auteurs la loro bandiera, è un perfetto contrappunto poetico che il più celebrato (e discusso) auteur del cinema americano degli ultimi decenni, e quello più ossessivamente cinefilo, abbia compiuto il percorso opposto. E, lo si dica subito, Cinema Speculation non tradisce le attese: di più, è, vivaddio, uno di quei saggi sempre più rari che non parlano esclusivamente ai convertiti, né cercano il consenso complice, ma che anzi stimolano, propongono, provocano, sorprendono.
Che QT ci sapesse fare con le parole era noto. E Cinema Speculation si legge con vero piacere dalla prima all’ultima delle sue fluviali quattrocento e passa pagine: a riprova che alcuni dei più bei libri di cinema di sempre sono opera di cineasti. Niente supercazzole da queste parti, ma una gioia contagiosa dell’affabulazione, iniziando dal piacere di riappropriarsi della trama di una pellicola sviscerandola e filtrandola attraverso la memoria, per recuperare il piacere primigenio, l’epifania della prima visione. L’unica, forse, che davvero conti.
Rispetto all’ormai celebre intervista a John Martin apparsa nel 1994 sulla fanzine “Giallo Pages” e rimbalzata nel corso degli anni un po’ ovunque, in cui il rampante Quentin sciorinava un’impressionante padronanza del cinema italiano di genere che fu, muovendosi con ammirevole nonchalance (e lucidità assai maggiore di tante penne d’oltreoceano e non) tra Di Leo e Lenzi, Castellari e Bava, qui l’ultracinquantenne Tarantino si occupa principalmente di cinema americano, perdipiù concentrato nel periodo 1968-1981, gli anni dell’adolescenza e della formazione cinefila che nel suo caso corrispondono a un periodo storico nodale e irripetibile nella storia di Hollywood. Tredici capitoli, ciascuno dedicato a un film, da Bullitt a Il tunnel dell’orrore, incorniciati da una premessa-prologo (I grandi film del piccolo Q) e da un paio di articolati saggi (rispettivamente sul critico in seconda del “Los Angeles Times” Kevin Thomas e sulla New Hollywood degli anni ’70) e da un epilogo (Nota su Floyd). […]

…segue per 6 pagine nel numero 299 di Blow Up, in edicola a aprile 2023

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